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VINO DEL GIORNO: Pergolaia di Caiarossa
Il vino scelto oggi è figlio di un’annata piccola e di una cantina dalle ambizioni grandi.
Riusciranno quest’ultime a far sembrare meno “piccola” l’annata?
A giudicare dal risultato ottenuto sembrerebbe proprio di si.
89/100 – TOSCANA ROSSO IGT PERGOLAIA 2014 – CAIAROSSA
profumi ben articolati senza caratteri dominanti e sapore che fa leva sulla freschezza e sull’equilibrio con fondo piacevolmente sapido; intenso e ben caratterizzato, si alleggerisce nel finale ma la semplicità della chiusura non sminuisce l’impressione di un vino davvero ben riuscito.
CASALE FALCHINI , San Gimignano
Attiva a San Gimignano da oltre mezzo secolo, l’azienda Casale della famiglia Falchini ha mantenuto negli anni un profilo sobrio e rispettoso della tradizione. Allo stile classico delle varie etichette di Vernaccia si affiancano le altre tipologie prodotte che spaziano dal Chianti Colli Senesi al Vin Santo fino a concedersi uno “strappo alla regola” con il Campora, che con l’annata 2013 ha confermato di avere ben poco da invidiare ad altri celebrati cabernet prodotti nella regione.
V. d. G.: Rosso di Montalcino 2017 Pietroso
Rosso di Montalcino Doc PIETROSO 2017
Non sarà forse piazzato in prima fila, sul podio più alto o in tale evidenza da far parlare di sé, ma il Rosso di Pietroso (come pure il Brunello) è sempre lì, nel gruppo dei migliori, nella serie A – passatemi anche questo termine sportivo – di Montalcino, a prescindere dagli andamenti stagionali.
Una costanza qualitativa che è una vera e propria arte e non va tradotta come noiosa prevedibilità, in quanto le annate sono ormai così drammaticamente diverse tra loro che ogni volta è necessaria un’interpretazione del tutto nuova delle giuste operazioni di vigna e di cantina da adottare. Senza avere nessuna certezza sull’esito finale.
Nel caso di Pietroso la lettura dell’ostico millesimo 2017 è a suo modo esemplare e riporto solo alcune righe del commento che troverete nel prossimo Report dedicato ai Rossi di Montalcino:
..purezza di frutto e un equilibrio millimetrico sono i presupposti per una beva piacevolissima…
V. d. G. : Rosatico 2018 Poggio al Grillo
COSTA TOSCANA IGT Rosatico 2018 POGGIO AL GRILLO
Normalmente associati a spensierate bevute estive, i vini rosati hanno una vita effimera e quando riaprono le scuole o chiudono i bagni sul mare, terminano il loro ciclo anche i consumi del rosato. Questa sarebbe l’abitudine consolidata da anni ma, se si continua a bere birra anche d’inverno, perché non continuare con il rosato? Perché – questa è la risposta ufficiale – è un vino buono solo in fase giovanile, quando esprime più compiutamente il suo carattere fruttato, poi perde fragranza e decade rapidamente. D’accordo, è vero, spesso è proprio così.
Però ho voluto provare, fuori periodo, uno di quei rosati che mi piacciono maggiormente, vale a dire il Rosatico di Poggio al Grillo che è prodotto a Bolgheri dove, un tempo, il rosato era l’unica tipologia di vino presente e oggi è quasi sparita. Il Rosatico è un vino particolare, anzi parti’olare (tanto per scrivere come parlo), soprattutto perché è realizzato, in purezza, con uve aleatico che per il loro naturale bagaglio terpenico apportano una ricchezza aromatica inconfondibile ma talvolta persino stucchevole. Un po’ come succede con certi traminer.
E quindi? Ebbene, sarà grazie alle caratteristiche di freschezza dell’annata 2018 o delle vigne sempre più mature o alla capacità dell’enologo – di cui non svelo il nome ma chi lo indovina vince un pollice alzato – dato che non è così semplice fare vini secchi e bilanciati con l’aleatico, il Rosatico 2018, dicevo, dopo aver giostrato nei suoi primi mesi di vita con profumi segnati da lampi floreali e lamponi (nel senso del frutto) con l’aggiunta preziosa di fragoline di bosco, ha ora virato su un’inebriante essenza di rose; il frutto è sullo sfondo dove affiora timidamente anche una traccia evolutiva di stampo idrocarburico. Il sapore è meno estroso dei profumi, più lineare e affidabile, fresco senza essere pungente, morbido senza essere dolciastro, con una perentoria coda sapida a contrastare gli svolazzi aromatici.
Si fa prima a berne una bottiglia intera che a scriverne. Anche se l’estate è ormai passata.
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Dopo una serie serrata e infinita di prove e controprove, con tanto di suspence finale, posso comunicare che la parte riservata ai futuri abbonati al sito è finalmente attiva.
Per vari motivi sono partito in ritardo rispetto alla tabella di marcia iniziale ma ho preferito, come sempre d’altronde, dare la priorità alla sostanza – cioè alle informazioni – rispetto alla forma, anche se nel mondo di oggi sembra essere molto più importante il fumo dell’arrosto. Ma, più avanti, un po’ di “fumo” lo farò anch’io.
È solo il primo passaggio verso una comunicazione di taglio più professionale che ha in programma molti servizi e varie novità editoriali. Per scoprirlo (e per sostenere una scelta di indipendenza autorale) è però necessaria la sottoscrizione dell’abbonamento, delle cui caratteristiche fondamentali potrete leggere nell’apposita pagina.
Al momento sono disponibili e scaricabili otto Report specifici e molte Schede Aziendali ma, ovviamente, si tratta di un’offerta destinata a crescere con ritmi praticamente quotidiani.
Chiudo proponendovi – la zona “free” resterà comunque attiva – un breve estratto dagli ultimi Report pubblicati, con la migliore Vernaccia di San Gimignano e il miglior Rosso di Montalcino di quest’anno.
94/100 MONTENIDOLI
Vernaccia di San Gimignano DOCG Montenidoli Fiore 2016
la gradualità dei tempi di maturazione e il fondo di freschezza presente nei 2016 costituiscono l’impalcatura fondamentale per l’affermazione del carattere del Fiore di Montenidoli; note di torba, grano, fiori bianchi si alternano al naso e sono accolti in un palato recettivo anche alle sollecitazioni più sottili. Ne deriva un vino tonico, saporito e insieme sfumato, articolato, freschissimo e lungo nel finale. Farà parlare di sé per molti anni ancora e la valutazione, in prospettiva, ne tiene conto.
94/100 BARICCI
Rosso di Montalcino DOC Baricci 2016
fonde in un volta le migliori prerogative del Rosso di Baricci: freschezza, slancio e profondità combinate a una densità e a una ricchezza non sempre presenti dalle parti di “Montosoli”. L’insieme è riuscitissimo, la beva trascinante e il potenziale di longevità non proprio trascurabile.
VINO DEL GIORNO: Cabernet Franc La Fralluca
Alla sempre più corposa lista di Cabernet Franc di valore prodotti sulla costa toscana, possiamo aggiungere, senza la minima incertezza, quello prodotto da La Fralluca di Suvereto:
93/100 – Toscana Cabernet Franc IGT 2015 LA FRALLUCA
intenso e brillante nell’aspetto, si apre al naso su un ricco ventaglio di aromi che vanno dai frutti di bosco al pepe, dalla menta alle erbe aromatiche, con lievissimi tocchi di peperone e vaniglia sullo sfondo; in bocca è denso, morbido, bilanciato, lungo ed elegante nel finale. Un rosso già pienamente godibile ma in grado di migliorare ancora con la permanenza in bottiglia.
Orbetello nel Bicchiere
Non sono solito fare il resoconto di fiere, festival, sagre ed eventi similari, ma c’è sempre un’eccezione e questi brevi appunti riguardano la mia partecipazione a un concorso enologico – “Orbetello nel Bicchiere” – che si svolge ogni anno e anche quest’anno quindi (dal 31 ottobre al 4 novembre), appunto a Orbetello nel corso della manifestazione enogastronomica Gustatus.
Non è la prima volta, intendiamoci, che presenzio a questo tipo di iniziative, ma negli anni ho sempre più diradato il mio intervento in quanto generalmente la struttura dei concorsi prevede una serie di formalità che li rendono poco incisivi e stimolanti, con risultati resi approssimativi anche per l’estrazione (e la professionalità) molto diversa di ogni giurato.
Emblematica, nonostante l’alto livello di competenza dei singoli attori, fu, a tal proposito, l’esperienza con una degustazione del Grand Jury Européen, del quale facevo parte un paio di secoli fa. In omaggio al paese ospitante – mi sembra di ricordare che per l’occasione eravamo a Villa d’Este – fu organizzata, tanto per non annoiarsi troppo ad assaggiare solo Grands Crus di Bordeaux e Borgogna, una degustazione di vini bianchi italiani. Il criterio di scelta fu basato, chissà perché, su basi geografiche: un vino per ogni regione! Sappiamo bene come certe regioni italiane siano ricchissime di proposte di vini bianchi e come certe altre (Basilicata, Molise..) siano un po’ più a corto. Ma un criterio doveva essere adottato e così fu. Degustazione rigorosamente alla cieca, come sempre al Grand Jury, una trentina gli assaggiatori di alta reputazione, il meglio della critica enoica continentale e non solo. Il problema era che il termine di riferimento non era costituito dai Riesling della Mosella o dai Mersault, ma da strani, particolari, insoliti (per quei palati) vini bianchi italici. Per farla breve, si piazzarono ai primi posti un Sauvignon altoatesino, uno Chardonnay siciliano e un Traminer trentino. Le varietà, evidentemente, più familiari e rassicuranti. Personalmente avevo indicato ai primi due posti (non ricordo l’ordine) i rappresentanti dell’Abruzzo e delle Marche: Trebbiano di Valentini e Verdicchio di Bucci. Entrambi, al conteggio finale, si collocarono a metà graduatoria. Dallo scrutinio emerse inoltre che nessuno aveva scelto uno dei tre vini in cima alla classifica come il suo preferito ma un po’ tutti li avevano piazzati in buona posizione e ciò era stato sufficiente a vederli finire in vetta.
Una degustazione che era servita a far uscire i migliori vini? No, direi proprio di no, ne sono pienamente convinto, ma spesso così sono i concorsi e le degustazioni di gruppo dove non emergono i vini ricchi di talento e carattere ma quelli che sono capiti da tutti e che non dispiacciono a nessuno. Il che è già, indubbiamente, un pregio ma è anche il trionfo del convenzionale e dell’anonimo. Anonimi i vini, anonimi i degustatori, convenzionale il contesto generale e inesistente qualsiasi forma di coinvolgimento.
Non è stato il caso di “Orbetello nel Bicchiere” dove di anonimo c’erano soltanto le etichette dei vini da assaggiare e giudicare. La formula è, come dire, un po’ “casereccia”, non certo ambiziosa e altamente professionale come le degustazioni del Grand Jury, (il paragone è oggettivamente improponibile, c’è solo qualche anno-luce di differenza) ma, a mio modo di vedere, efficace e funzionale allo scopo, previsto dall’iniziativa, di valorizzare i prodotti del territorio. Intanto, il solo fatto che la giuria non fosse composta da un numero elevato di membri ha permesso di favorire l’individuazione di un taglio critico delle scelte da effettuare. Il resto, a partire dall’affiatamento con i miei compagni di giuria, Fabio Pracchia e Franco Pallini, è stato improntato all’originalità e, perché no, anche al gusto della scoperta.
Le scelte finali sono pertanto derivate non solo dall’arido conteggio delle preferenze ma anche da un confronto dialettico tra i giurati, con l’idea condivisa di privilegiare, a parità di valori qualitativi, i vini portatori di un’identità territoriale più espressiva. Come credo che, alla resa dei conti, sia effettivamente successo.
Per la cronaca, l’assaggio, effettuato alla cieca, ha visto prevalere, nelle rispettive categorie il Maremma Vermentino DOC Plinio 2017 dell’azienda Bruni, il Toscana Bianco IGT Ansonica 2017 di Celestina Fè, il Morellino di Scansano DOCG Riserva Sicomoro 2015 dei Vignaioli del Morellino e il Maremma Ciliegiolo DOC Principio 2017 di Antonio Camillo. Si è aggiudicato, infine, il Premio Speciale, intitolato a Giovanni Prisco, la Fattoria Le Spighe di Giancarlo Francia con il suo Maremma Toscana Bianco DOC EraOra 2017.
VECCHIE TERRE DI MONTEFILI: UN RITORNO GRADITO
Persona acuta e sensibile, Roccaldo Acuti è stato uno dei pionieri della nuova era del Chianti Classico, visto che già negli anni ottanta proponeva bottiglie di pregio in un contesto generale approssimativo e, spesso, anche scadente. Ci ha lasciato alcuni anni fa e anche se io non amo, come forse avrete notato, commemorare amici anche carissimi e persone stimate che ho conosciuto in anni di attività, in questo caso il ricordo è forte e parlarne è inevitabile perché Vecchie Terre di Montefili, l’azienda che lui aveva fondato negli anni ’70 e ceduto a tre signori americani nel settembre 2015, mi ha fornito, in questa stagione di assaggi, i segnali inequivocabili di voler proseguire, anzi rinnovare con forza, la tradizione qualitativa della famiglia Acuti.
E se, con la complicità dell’annata 2016, le storiche etichette di Anfiteatro, sangiovese in purezza, e Bruno di Rocca, cabernet sauvignon in netta prevalenza, si dimostrano – nel segno della continuità – i testimoni più attendibili delle ambizioni della nuova proprietà, le Gran Selezioni di Chianti Classico ne rappresentano concretamente le forti radici territoriali.
I VINI di TOLAINI
A mantenere vivo il ricordo del compianto Pierluigi Tolaini, scomparso pochi mesi fa, ci sono e ci saranno sempre i suoi vini. In questa stagione di assaggi ne ho provati cinque con riscontri complessivamente positivi anche se non c’è stato un vero stacco tra le etichette di punta e quelle meno ambiziose, che, in effetti, non sono risultate meno convincenti….Segue per gli abbonati
Tre Anni Dopo: Etna Bianco Gamma
Tre anni dopo: Etna Bianco Gamma 2015 FEDERICO CURTAZ
No, non sono un appassionato di cold case, ma riassaggiare a distanza di anni lo stesso vino dà un po’ il senso di una verità più profonda che il singolo assaggio, la singola bottiglia e il singolo momento in cui la provi, non è in grado di assicurarti. Ed è ormai diventata una tale abitudine che la trasformerò in una rubrica fissa: …anni dopo.
Inaugurata con il Salisire di Loredana Vivera e continuata con il Campo del Guardiano del Palazzone, la rubrica ospita oggi il Gamma 2015 di Federico Curtaz, ancora un bianco etneo, che mi aveva particolarmente colpito alla sua prima prova, portandomi a scrivere, nel marzo 2017, le seguenti note:
estrema, invitante purezza olfattiva, il carattere è floreale, agrumato, minerale – l’equilibrio tra calore e freschezza è quasi perfetto, in questa fase giovanile prevale di poco, e per fortuna, la terra (sale e acidità) sul sole (alcol e zuccheri), ma si apprezza in particolare la tensione gustativa elastica e flessuosa – il finale è lungo, complesso – un esordio scoppiettante per un vino di grande prospettiva.
L’assaggio, ripetuto pochi giorni fa, mi ha fatto chiudere l’indagine con un banale copiaeincolla dove mi limiterei a sostituire il termine “esordio” con “conferma”.
E, banalità per banalità, è anche la conferma che gli ingredienti determinanti per realizzare vini di personalità sono, sempre e dovunque, la vocazione di un territorio e del suo interprete.
Chianti Classico 2018 RIECINE
CHIANTI CLASSICO DOCG 2018 RIECINE
Non ricordo di essere mai stato deluso dal Chianti Classico di Riecine (e non credo di avere perso la memoria), tuttavia la prova dell’annata 2018 è andata anche oltre le mie aspettative. Un segnale deciso, per la verità, lo avevo già ricevuto in occasione delle anteprime toscane dello scorso febbraio ma, anche se solo a distanza di pochi mesi da quell’assaggio, la conferma è stata così perentoria da suscitarmi comunque un sentimento di ragionevole ammirazione. Equilibrio magnifico, finezza e carattere, bevibilità non disgiunta da un tocco di complessità sono solo gli aspetti più evidenti di questa eccellente bottiglia. Se avete un debole per i “Gallo Nero” e per il sangiovese non fatevelo scappare.
Se, al contrario, non amate particolarmente il genere ma non siete ostaggio di pregiudizi, iniziate con questo Riecine 2018: non è mai troppo tardi.
Vernaccia di San Gimignano, le Selezioni
VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO DOCG SELEZIONI
Scusate il bisticcio di parole ma il Report che presento oggi è, in buona sostanza, una “selezione delle Selezioni”. Come indica il titolo, sto parlando di Vernaccia di San Gimignano e i vini scelti per l’occasione sono 14* in totale di cui ben 12 dell’annata 2017. I riscontri sono più che positivi, tutti i vini recensiti non sono meno che buoni e in un’annata difficile come la 2017 non è proprio un risultato da disprezzare.
Al di là della correttezza tecnica, data ormai per acquisita, è da segnalare la vitalità, la compattezza e la contemporanea assenza di ossidazioni e di stanchezze evolutive. Non ci si poteva attendere la profondità, la fragranza e l’articolazione delle annate più felici ma nell’insieme si avverte la consapevolezza da parte dei produttori di essere riusciti a ricavare il massimo da un millesimo non propizio.
Come è, ormai, consuetudine copioeincollo dal Report la recensione dedicata al migliore del gruppo. E non si tratta esattamente di un’azienda alle prime armi:
Vernaccia di San Gimignano DOCG Carato 2016 MONTENIDOLI
la sensazione di maturità del frutto domina le sensazioni olfattive ma non fa trapelare la freschezza, l’articolazione e lo slancio che invece emergono progressivamente nella fase gustativa: il finale è sapido, lungo, ben promettente per il futuro. 92/100
*delle seguenti aziende:
Alessandro Tofanari, Casale-Falchini, Fattoria San Donato, Fontaleoni, Il Colombaio di Santa Chiara, Il Palagione, Montenidoli, Mormoraia, Palagetto, Panizzi, Rubicini, Tenuta Montagnani, Teruzzi, Vagnoni.
V. d. G.: Cantagrillo 2017 FATTORIA LA LECCIA
Toscana Bianco IGT Cantagrillo 2017 FATTORIA LA LECCIA
Relegato da sempre ai margini, con la debita eccezione della Vernaccia di San Gimignano e dei Vermentini della costa, il vino bianco in Toscana costituisce indubbiamente un esercizio ardimentoso per qualsiasi vignaiolo. E il test “di audacia” è ancora più amplificato se il vitigno utilizzato è il trebbiano. Il senso della sfida, evidentemente, non è proprio assente alla Fattoria La Leccia di Montespertoli dove si propone un trebbiano in purezza derivante da un’articolata vinificazione che riesce a fondere carattere, complessità ed equilibrio in un insieme di sorprendente efficacia. Il Cantagrillo, nome che deriva da un toponimo, esce sul mercato dopo un adeguato periodo di affinamento e ora è disponibile la versione 2017. Ma se rintracciate anche l’annata 2016, che in questo momento è in piena espansione, non fatevela scappare. Rapporto qualità/prezzo difficilmente battibile.
Chianti e Chianti
Oggi propongo un piccolo estratto dell’ultimo Report pubblicato sui Chianti. È una selezione, ricca di sorprese a buon prezzo, comprendente 27 vini prodotti nelle varie “sottozone” (Colli Fiorentini, Senesi, etc..):
TENUTA LE CALCINAIE
92/100 Chianti Colli Senesi DOCG Riserva Santa Maria 2012
maturo nel colore, è caratterizzato da intense note di erbe aromatiche e cenni balsamici al naso; in bocca mostra una progressione continua e un sapore morbido e insieme fresco, slanciato, di convincente lunghezza e complessità.
FONTALEONI
90/100 Chianti Colli Senesi DOCG Riserva Fontaleoni 2015
molto preciso nell’espressione aromatica, con calibrata alternanza di note fruttate e floreali; in bocca è continuo, bilanciato, persistente, con tratti di vera eleganza.
SAN FERDINANDO
90/100 Chianti DOCG Il Gargaiolo 2015
realizzato con “mano” precisa e calibrata, è un vino equilibrato, ben proporzionato, succoso, molto piacevole, delicatamente floreale in chiusura. Uno dei migliori Chianti dell’anno.
Ott 14 2016
Ottobre 2016 – Verticale di Messorio
- Di Ernesto Gentili in Vini Rossi
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Ott 12 2016
Ottobre 2016 – Alto Adige Lagrein
- Di Ernesto Gentili in Vini Rossi
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Ott 11 2016
Ottobre 2016 – Alto Adige Gewürztraminer
- Di Ernesto Gentili in Vini Bianchi
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Ott 10 2016
Ottobre 2016 – Alto Adige Pinot Nero e S. Maddalena
- Di Ernesto Gentili in Vini Rossi
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