Premesso che qualsiasi voto o giudizio non sostituisce mai il gusto personale, credo che sia normale che un prodotto di consumo possa essere oggetto di giudizi. Oggi i vini hanno raggiunto una qualità tale che difficilmente se ne trovano di sgradevoli o difettati; le differenze tra l’uno e l’altro sono date da sfumature, da dettagli, dall’incidenza cultural-emotiva che hanno certi valori organolettici nella lettura personale di ogni degustatore. Che poi sia giusto esprimere un giudizio attraverso un commento, una menzione o un voto numerico è oggetto di lunghi dibattiti da sempre. Io taglio corto affermando che più un giudizio è chiaro e inequivocabile, meglio è.
Quando è chiaro allora? Quando c’è un commento scritto accompagnato da un voto numerico. Dare voti senza motivarli è completamente inutile, ma scrivere commenti senza quantificarli non serve a chiarire del tutto un giudizio. E’ evidente che una descrizione si presta a varie interpretazioni: ci sono descrizioni articolate e precise e altre vaghe, confuse, dove in realtà non si prende posizione e si dice che tutto è buono. Il voto numerico rappresenta solo una convenzione, non ha un significato intrinseco, evidentemente, ma è utile perché obbliga il redattore a scrivere delle note coerenti con il voto assegnato.
Quindi, su queste pagine, prima di tutto si scriverà un commento con le caratteristiche del vino e poi cercheremo di render più chiaro il giudizio espresso con l’attribuzione di un voto. Sorge un dubbio secondario: che tipo di voti usiamo? In decimi, ventesimi o centesimi? Oppure stelle, pallini o asterischi? Notava giustamente Emile Peynaud: quando la scala è troppo stretta si tende ad allargarla con i mezzi punti, i quarti di punto, i più o i meno; quando è larga (in 100mi ad esempio) si tende a stringerla, per cui abbiamo in teoria 100 punti a disposizione ma ne usiamo solo 20. Come dargli torto? Di fatto, c’è l’esigenza di usare un linguaggio comune, comprensibile alla maggioranza, per cui tra queste pagine si utilizzeranno i famigerati centesimi, proprio come diceva Peynaud, da 80 a 100 (e ventuno gradini per stabilire i livelli qualitativi sono più che abbondanti).
A questo punto è tutto chiaro? Non ancora, perché per chi usa la scala in 100mi all’italiana 80 punti equivalgono ai 90 della scala internazionale. Addirittura, se confrontassimo il modo di assegnare i voti che avevano Wine Advocate o Wine Spectator venti anni fa rispetto ad oggi non troviamo più corrispondenza, perché la media si è alzata di 7-8 punti e non solo perché sono migliorati i vini.
Ma, allora, è davvero più chiaro questo sistema?
Torniamo a capo: ricordiamoci sempre che i numeri da soli non significano niente. Per evitare equivoci e non tornarci più sopra fornisco di seguito una chiave di lettura incrociata dei voti che assegneremo su questo sito (i vini sotto gli 80/100 non saranno recensiti e per i vini da 100/100 o 20/20 ho lasciato volutamente lo spazio bianco: usate liberamente l’iperbole che preferite):
Menzione | /100 | /20 | /10 |
Accettabile | 80 | 12 | 6 |
Buono | 85 | 14,5 | 7 |
Molto buono | 90 | 16,5 | 8 |
Eccezionale | 95 | 18,5 | 9 |
100 | 20 | 10 |