SELEZIONE VINI 2023: le “Stelle” dell’anno, episodio N. 4

La quarta puntata della rubrica “stellata” non la dedico stavolta a una celebrità conclamata della nostra enologia ma a un vino che ha avuto una sua rinomanza negli anni 80/90 e che, dopo una lunga pausa di assenza, è tornato a farsi apprezzare. Chi non è nato ieri si ricorderà del Querciagrande del Podere Capaccia, azienda di Radda in Chianti che nel tempo ha cambiato assetto e proprietà. L’etichetta, se la memoria non mi inganna, esordì con l’annata 1983 come vino da tavola, dato che, come Sangiovese in purezza, non poteva rientrare nella tipologia dei Chianti Classico. Fu un ottimo esordio, seguito da alcune annate di livello ancora più alto, come la 1985 e la 1988. Il proprietario era Giampaolo Pacini, industriale pratese che è stato uno dei pionieri benemeriti del cosiddetto Rinascimento enologico toscano. Oggi la nuova proprietà, entrata in possesso del Podere dal 2010, a giusta ragione sta cercando di rinverdire i successi del passato e la prova del Querciagrande 2019 non è solo eccellente ma assolutamente incoraggiante per il futuro.

Le note di degustazione sono consultabili qui, in area abbonati.

SELEZIONE VINI 2022/23: ISTINE

Ogni anno il confronto tra i vari cru di Chianti Classico di Istine è fonte di ispirazione in quanto mai del tutto prevedibile, ma non tanto in funzione dell’ipotetica gerarchia qualitativa, ma perché l’espressione della personalità di ogni vigneto, in linea con le caratteristiche del Sangiovese, risente fortemente della diversità degli andamenti stagionali.
In questa tornata di assaggi ho provato l’annata 2020 – millesimo che promette di essere scoppiettante con l’uscita delle tipologie più ambiziose – e ho ripetuto il test a distanza di un paio di mesi con una sostanziale conferma delle prime impressioni. Facendola corta, il Vigna Cavarchione – una costante nel tempo – si è rivelato immediatamente come il più completo e articolato, lungo e intenso dei vini aziendali. Più leggero, sottile ma tenacemente “sospeso”, così “purissimo e freschissimo” da assomigliare allo slogan pubblicitario di una famosa acqua minerale, è il profilo unico, originale, difficilmente dimenticabile del Vigna Istine.
Ecco, allora, che si fa largo il dubbio se dare più valore al giudizio razionale che indica senza incertezze nel primo cru il prescelto o farsi coinvolgere e trascinare dalla personalità del secondo, il cui solo ricordo ha effetti rinfrescanti.

Alle note di degustazione, riservate agli abbonati, l’ardua sentenza.

SELEZIONE VINI 2021: ISTINE

Al di là della qualità – ottima – dei propri vini, Istine si è particolarmente distinta sin dalle prime uscite sul mercato per la produzione di vini docg che riportano in etichetta il vigneto di origine. Gli appassionati conoscono ormai bene i Chianti Classico Casanova dell’Aia e Vigna Istine (situati nel comune di Radda in Chianti), o il Vigna Cavarchione, collocato nell’adiacente Gaiole. Ebbene, il dato curioso e contradditorio da segnalare è costituito dal fatto che un produttore così attento al rapporto con il territorio non possa utilizzare l’indicazione del Comune, come previsto dalle nuove UGA, perché quest’ultime sono riservate soltanto alle Gran Selezioni. E, lasciando perdere la posizione dei produttori (che in fin dei conti queste regole se le scelgono da soli), pensate che un consumatore possa riuscire a raccapezzarsi in questo intrigo normativo?

Tornando agli aspetti che probabilmente interessano maggiormente chi legge, mi limito a concludere che, preso atto che anche nel Merlot 550 slm – teso e fresco, ma non “verde” – scorre linfa chiantigiana nelle vene, i tre cru sopra descritti hanno complessivamente espresso, con l’annata 2019, la loro migliore esibizione di sempre e si faranno ricordare a lungo.

SELEZIONE VINI 2021: TENUTA DI CARLEONE

La recente fondazione e le poche annate prodotte costituirebbero per qualsiasi azienda un robusto alibi per giustificare risultati altalenanti e un carattere approssimativo e indefinito. Non è proprio così per laTenuta di Carleone, in quel di Radda in Chianti. Sin dalle primissime uscite i loro vini si sono infatti distinti per il senso di leggerezza e istintiva bevibilità, facendo proprio uno stile “in sottrazione” che li rende già inconfondibili ed esalta gli aspetti più sfumati e sottili del sangiovese. Merito dell’altitudine dei vigneti e del terroir raddese? In parte sicuramente si, ma, è inutile girarci intorno, il principale artefice è Sean O’Callaghan con la sua visione artistica del vino. So bene che i paladini del “tecnicamente corretto” talvolta storcono la bocca difronte ai vini curati da Sean e al loro corredo, vero o presunto, di volatili e difetti assortiti, ma con il suo modo di fare vino pericolosamente riesce piuttosto spesso a far vibrare le corde dell’emozione e l’Uno di Carleone 2018 ne è l’ennesimo testimone.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

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