SASSICAIA E I SUOI FRATELLI

Senza troppi clamori mediatici a inizio 2024 è arrivata la comunicazione relativa alla valutazione di 100/100 assegnati dal famoso foglio critico statunitense Wine Advocate, con la firma di Monica Larner, al Sassicaia 2021. Un genere di notizie che solitamente accolgo con moderato interesse; in certi casi, pochi in verità, condivido il giudizio, in altri non sono molto d’accordo, in altri ancora non lo sono per niente. Comunque non mi fa certo dispiacere se a beneficiarne è un’azienda italiana. Tutto qui. Trovo quindi singolare che in questa occasione ci sia chi si chiede puntigliosamente se l’assaggio sia stato effettuato alla cieca e magari in comparazione con altri vini della stessa tipologia e annata, come prevedono certi protocolli di degustazione. Mi pare si perda di vista il fatto che a interessare davvero sia gli amatori che gli operatori di mercato sia il confronto con le annate precedenti dello stesso vino più che con altri competitori; in questo caso si tratta del Sassicaia ma il concetto è estendibile a tutti i vini che hanno raggiunto nel tempo uno “status” di alto profilo. È possibile, quindi, che il 2021, senza escludere altre utili comparazioni con etichette di pari rango, sia stato semplicemente ritenuto superiore alle quattro annate che lo hanno preceduto e, comunque, non inferiore alla 2016, che sempre dallo stesso critico aveva ricevuto i fatidici 100 centesimi. D’altro canto, si dovrebbe ricordare all’assaggiatore più pignolo che in una degustazione convenzionale, con vini rigorosamente bendati e raggruppati per tipologia e annata, il Sassicaia se la dovrebbe giocare da solo in quanto ha il monopolio di un’intera denominazione, chiamata, come è risaputo, Bolgheri Sassicaia e formalmente non sarebbe corretto mischiarlo, come invece normalmente avviene, con altre tipologie, seppur strettamente “imparentate”. Conseguentemente sarebbe anche piuttosto inutile bendarlo..

Ma in definitiva, lasciando perdere le elucubrazioni sui dubbi amletici dei degustatori come sugli intrecci cavillosi dei disciplinari e degli statici protocolli di assaggio, è davvero così buono il Sassicaia 2021? Ebbene si, questo è uno dei casi in cui sono pienamente d’accordo con chi ha stilato il giudizio: non si può proprio negare che la 2021 sia una delle annate più riuscite di sempre del grande rosso della Tenuta San Guido che, tra l’altro, propone in uscita quasi contemporanea due versioni brillantissime (millesimo 2022) degli altri due vini della proprietà, vale a dire un Guidalberto così autorevole da pretendere di non essere considerato (come erroneamente succede) un “secondo vino” e un Le Difese più che sorprendente.

Seguiranno, a breve, i giudizi organolettici dei vini sopra menzionati in area abbonati.

I Fedelissimi, terzo round: SASSICAIA

Mi sono colpevolmente accorto di non aver ancora recensito il Sassicaia 2018 uscito lo scorso anno, per cui cerco di farmi perdonare questa mancanza con una recensione anticipata del millesimo 2019, sul quale tuttavia sarò più completo prossimamente.
In estrema sintesi si tratta di due annate dalle caratteristiche diverse: più fresca la 2018, più ricca e matura la 2019.
Il Sassicaia 2018 è un vino dalle forme classiche, di medio peso, molto elegante, flessuoso, balsamico nei profumi, setoso al tatto, lungo nel finale, freschissimo eppure privo di vegetalità. Pronto da bere subito ma godibile a lungo con piena soddisfazione.
Il 2019 della Tenuta San Guido va affrontato con altro spirito e modalità d’uso: raccomando in particolare di non fidarsi di assaggi fugaci e superficiali, soprattutto quando si ha a che fare con vini imbottigliati da pochi mesi ma che hanno la giusta ambizione di durare decenni. In effetti, il giudizio in questi casi non deve essere limitato alle impressioni del momento ma deve, per quanto possibile, sapersi proiettare sull’evoluzione futura del vino in esame. Ed è una considerazione ovviamente valida non solo per il Sassicaia ma per tutti i vini che posseggono caratteristiche più o meno consolidate di longevità.

Ma torniamo al nostro 2019.
Pieno e carnoso, è, come detto, ancora molto giovane e necessita di tempo per esprimersi adeguatamente. Al primo tentativo si rivela ancora chiuso, anche se profondo, nei profumi, è molto denso e morbido all’impatto, continuo e bilanciato nello sviluppo; il finale deve invece trovare ancora un assetto compiuto, la punta di acidità presente va in conflitto e contrasta con la manciata di tannini ancora sparsi sul palato e lo rende meno scorrevole e slanciato, anzi diciamo pure un po’ rigido (rispetto agli standard consueti di estrema levigatezza). Ma, appena superato questo piccolo intoppo, il vino si rilancia con rinnovata energia in una chiusura lunghissima, tipica delle grandi annate.
Vino didattico, perché fa nascere la domanda (e fornisce successivamente la risposta): a cosa dare più credito per la sua evoluzione nel tempo, alle scontrosità di fine bocca o alla inesauribile spinta successiva? Sono casi che richiedono pazienza e, se permettete, esperienza. Per andare sul sicuro sono comunque ricorso ai vecchi metodi che, al pari del Sassicaia, non tradiscono mai. Ho lasciato la bottiglia, contenente poco più di un bicchiere, aperta per due giorni e ho riprovato il vino: senza mostrare alcuna traccia ossidativa, i profumi si sono aperti, con contorni floreali e speziati in particolare rilievo, e la “bocca” ha espresso la rassicurante classe del Sassicaia dei giorni migliori, vellutato, quasi opulento eppure dinamico e scattante; l’impuntatura finale è scomparsa, il tannino è finemente integrato, ma è rimasta quella sottile e gradevole vena di freschezza acida a dare “respiro” alla beva e un finale interminabile a sancirne il valore e le prospettive future.
Più un vino è profondo, più si deve analizzare in profondità.
Chi si ferma – in superficie – è perduto.

© 2016 ErGentili - build proudly by Stuwebmakers and Wordpress
contact: info@ernestogentili.
Privacy Policy