Il complesso dei 90 punti

Come ho più volte sottolineato e come hanno ribadito altri colleghi e amici (vedi Carlo Macchi su Winesurf), l’asticella dei voti assegnati ai vini dalla stampa specializzata si è progressivamente alzata fino al punto di svalorizzare il senso di valutazioni numeriche che fino a pochi anni fa erano ritenute lusinghiere. Certamente non va dimenticato che oggi buona parte dei giudizi, e i punteggi conseguenti, sono emessi da singoli assaggiatori e difficilmente si allineano a quelli risultanti dalla media ricavata da una commissione di più persone; non solo perché la media, per sua natura, tende a comprimere i voti, ma anche perché il lavoro di gruppo generalmente induce i singoli partecipanti a non sbilanciarsi eccessivamente assegnando punteggi elevati, mentre il singolo degustatore talvolta tende a sbilanciarsi sin troppo.
Tuttavia è altrettanto indiscutibile che lo stesso tono dei commenti si è progressivamente abbandonato alla retorica, all’uso enfatico dei termini, financo al lirismo nel descrivere un vino, con il risultato finale di disorientare comunque i lettori che, continuando a leggere solo testi entusiasti e punteggi roboanti, si sono legittimamente stufati. Se poi un vino è commentato tra addetti ai lavori, si tende a sminuirne il valore: “si, non è male, si lascia bere”; quando invece il giudizio è rivolto direttamente a chi lo produce, si tende ad amplificarlo: “davvero molto piacevole, elegante, equilibrato..” Vogliamo buttare via i punteggi per sostituirli con le parole o le menzioni? Tempo perso, in certi casi è il coraggio di dire le cose come stanno che manca.
In realtà il meccanismo che ha portato all’impennata dei punteggi continua ad essere collegato ai suoi fruitori che però non sono più i consumatori/compratori ma gli stessi produttori o, comunque, chi il vino lo vende. I rapporti di forza sono evidentemente cambiati e hanno provocato uno spostamento in alto del livello medio dei giudizi.
Il che definirebbe e chiuderebbe la questione.

Nel frattempo, sulla spinta della forza comunicativa della stampa d’oltreoceano, anche le ultime resistenze sono ormai cadute e dopo Decanter, la Revue du Vin de France, Bettane+Desseauve, anche altri conosciuti critici franco-britannici e non solo, hanno abbandonato il vecchio sistema di punteggio in ventesimi adeguandosi al dominante uso dei centesimi. Cosa cambia in sostanza? Apparentemente niente. Ma talvolta la forma porta a modificare la sostanza e forse a comprendere meglio certe dinamiche.
Per una volta inglesi e francesi, e la critica europea in genere, sono stati d’accordo nel gestire il passaggio tra i due sistemi: con scarso rispetto per chi ama le equazioni (tipo 15/20=75/100), hanno semplicemente scalato di un centesimo per ogni mezzo ventesimo, per cui 20/20 equivale a 100 punti, 19 a 98, 15 a 90 e così via fino al minimo voto di 10/20 corrispondente a 80/100. In pratica si scelgono 100 punti per usarne solo 21, ma indubbiamente non si può che convenire sul fatto che una scala composta da ventun gradini è largamente sufficiente per definire le differenze qualitative tra un vino e l’altro. A rafforzare la convinzione dei nostalgici dell’austerità (non ci sono più i punteggi di una volta..), è proprio il voto di 15/20, equivalente da sempre e unanimemente a un giudizio (quello per i consumatori..) di buono ma non grande vino, e che ora, tradotto in centesimi, si legge 90 punti, vale a dire un numero diventato simbolico perché ha rappresentato per lungo tempo la soglia di accesso all’eccellenza, abituando coloro che lo assegnavano o ricevevano ad attribuirgli un significato ben preciso: per il produttore beneficiato un riconoscimento da sbandierare a destra e manca, per il critico severo o stretto di maniche un punto cruciale, una barriera da varcare solo in casi straordinari e sempre col dubbio di avere esagerato, al punto che oggi è spiazzato nel vedere utilizzare con tanta leggerezza e frequenza quel numero che a lui incuteva se non timore, almeno rispetto. Insomma, toccatemi tutto ma non i 90 centesimi.

In definitiva però, come ho avuto di argomentare nella pagina dedicata al punteggio – Rating System– utilizzato in questo sito, qualsiasi metodo di valutazione rappresenta solo una convenzione e i singoli voti non hanno nessun legame predefinito con la qualità di un vino e nessun significato se non sono raccordati con un commento chiaro, esplicito e, magari, privo di inutili ridondanze. Non è un grosso problema pertanto usare una scala di valori piuttosto che un’altra, quello che conta è non modificare gli atteggiamenti, mantenendo lo stesso rigore e onestà di giudizio.
In fondo, come dice qualcuno, da quando non c’è più la lira è aumentato tutto.

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