LE TENDENZE 2. Affrancateci dal Cabernet Franc.

Negli anni novanta e a cavallo dei duemila, il Merlot ha conquistato sempre più spazio nei vigneti europei e anche del nuovo mondo. Dalle nostre parti, sulla spinta dei successi di mercato di alcune etichette, la tendenza a piantarlo, forse senza neanche verificare se davvero clima e terreni fossero proprio congeniali al vitigno bordolese, ha assunto ritmi frenetici. Le variazioni climatiche in atto in questo secolo hanno dato, in più di un caso, il colpo di grazia e attualmente non si può che constatare che una parte non irrilevante di quei vigneti abbia fatto una brutta fine, essendo stati estirpati o sovrainnestati con altre uve, dimostrando che a suo tempo la scelta era stata superficiale e frettolosa.

Ora, dato che piantare un vigneto e poi spiantarlo non è semplice come cambiare un maglione o un paio di scarpe della misura sbagliata, ogni anno prendo nota con una certa diffidenza dell’esordio dell’ennesima etichetta di Cabernet Franc, rigorosamente in purezza perché, come ho già avuto modo di segnalare, il monovitigno va “forte”. Solo a Bolgheri, ma la tendenza è generalizzata, se ne contano – tra doc e igt – più di una ventina.

Pur sperando che la lezione del Merlot sia servita e che tali scelte siano state dettate da attente valutazioni sulle caratteristiche di suoli, sottosuoli e microclimi, temo che anche in questo caso la molla dell’imitazione di qualche successo di mercato abbia creato un ulteriore fenomeno modaiolo. Certamente si dirà che il Cabernet Franc non è il Merlot, che è molto più adatto ai nostri climi e terreni, da noi matura bene, non è altrettanto precoce e via dicendo.
Tuttavia io continuo ad affidarmi ai responsi del “bicchiere” e i risultati che osservo non giustificano affatto tale proliferazione. Il che non significa che non ci siano C. F. buoni e anche ottimi. Ma sono una minoranza.

Allora, oltre alla prova del bicchiere, cerco di dare peso alle testimonianze “storiche” e a un briciolo di letteratura sull’argomento.
Le origini del Cabernet Franc si perdono nel tempo ma è opinione comune che il vitigno sia arrivato a Bordeaux e successivamente nella Loira dalla Spagna, anzi dai Paesi Baschi per essere precisi. Dall’incrocio del Franc con il Sauvignon Blanc sembra sia derivato il Cabernet Sauvignon, mentre dalla combinazione con la Magdeleine Noire des Charentes (vitigno scomparso o quasi) è nato il Merlot. Il Cabernet Franc è pertanto il progenitore dei principali vitigni bordolesi ma a Bordeaux – dove d’altro canto domina la cultura dell’assemblaggio – nessuno in concreto lo produce in purezza. Lo troviamo, ma in misura decisamente minoritaria, sulla riva sinistra, dove la prevalenza di ghiaia e sabbia è ben più congeniale al Cab. Sauvignon che predilige terreni caldi; ha un ruolo invece da protagonista sulla riva destra, soprattutto a Saint Emilion, grazie alla presenza di suoli calcarei (finezza e personalità) e anche argillosi (struttura e vigore) nei quali il Franc trova la freschezza ideale, come gli succede in quelle denominazioni della Loira (essenzialmente Saumur-Champigny e Chinon) che lo vedono protagonista assoluto e dove al calcare e all’argilla superficiale si aggiunge il tufo, che fa da spugna trattenendo le risorse idriche indispensabili per la corretta maturazione delle uve. In sintesi, visto che la stessa combinazione di terreni, magari scambiando il ruolo di argilla e calcare, è amata anche dai Merlot, si potrebbe forzare il concetto affermando che il Franc ha più aspetti in comune con il Merlot che con il Cabernet Sauvignon. E in effetti anche in tempo di vendemmia lo vediamo raccogliere poco dopo il Merlot ma sicuramente prima del Cab. Sauvignon. Non è proprio precoce ma neanche tardivo. Non teme quindi le stagioni calde (meglio se non torride) ma a patto che siano associate a terreni assolutamente freschi.
In conclusione, considerando che il clima della Loira, mitigato quanto si vuole dalla presenza del fiume (molto vicino ai vigneti peraltro), è un po’ diverso da Bolgheri e dalla Toscana in genere e che di tutto questo calcare poroso (a stella marina o astéries come dicono in Francia) in certe zone non ve ne è proprio traccia, sarei un po’ più cauto nel fare troppo affidamento sul Cabernet Franc. Soprattutto in purezza.
Ma moda e mercato sono una combinazione diabolica alla quale è evidentemente difficile resistere.

Dicembre 2016 – Loira Giusta

LOIRA GIUSTA di Claudio Corrieri

Strano ma vero, non era venuto in mente a nessuno di fare una degustazione così completa sulle denominazioni che costeggiano la Loira, a partire dal Sancerrois attraverso il Saumurois,  fino a arrivare ai Pays Nantais.

Bisognava aspettare l’unione d’intenti di bravi e attenti importatori come Maurizio Cavalli, Mario e Leonardo del Teatro del Vino e Christian Bucci delle Caves de Pyrene, l’individuazione di una location ampia e conosciuta come Villa Favorita nel vicentino e, infine, la buona volontà di circa 500 appassionati giunti da ogni dove per appagare la propria curiosità.

Loira Giusta, il (giusto) nome dato all’evento.

Il percorso è stato suddiviso per denominazioni (appellations) e per selezioni operate dai vari importatori (erano presenti anche alcune campionature del Club Excellence, ovvero il resto degli importatori che agiscono in Italia). In effetti non era un compito facile esporre in  un corpo unico la Loira del vino, data anche  la grande estensione della zona, oltre a una differenziazione geologica significativa da ovest a est e una condizione  meteorologica dove gli  influssi continentali da una parte e oceanici dall’altra, generano vere e profonde disomogeneità fra le varie denominazioni.

Fra un banco d’assaggio e l’altro sono però riuscito a trascrivere qualche nota (da intendere solo come una parziale indicazione di merito e di stili produttivi).

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Quincy (per 240 ettari a sud ovest della più nota zona di Sancerre).

*Domaine du Tremblay Cuvée Vieilles Vignes 2014 – (sauvignon) –

integro il frutto fra fiori gialli e agrumi, attacco che da subito induce alla beva per le movenze agili e sapide, tessitura un po’ in debito di densità ma nell’insieme un buon riferimento – 86/100.

Menetou-Salon (per 484 ettari al confine con la zona del Sancerre).

*Domaine Pellé  Morogues Les Blanchais 2014 – (sauvignon) –

colore marcato, con tendenze evolutive confermate anche al naso, è giocato più sulla ricerca di estrazione e potenza che sulla finezza e sulla dinamica. Finale che non riesce a progredire – 82/100.

Sancerre (per 2815 ettari lungo la riva destra del fiume con terreni gessosi e silicei patria elettiva ma non esclusiva del sauvignon).

*Henry Bourgeois Sancerre Cuvée d’Antan 2014 – (sauvignon) –

gli aromi colpiscono per integrità e precisione, ordinati e scanditi dal pompelmo alla pesca bianca, centro bocca che dà impulso e rilancia la dinamica nel finale salino e materico; vino ben fatto e ben gestito – 90/100.

*Domaine du Carrou Sancerre Rosé 2014 – (pinot noir) –

curiosa espressione in rosato di pinot nero, tutta giocata in sottrazione e bevibilità,  non fa mostra di muscoli e potenza ma vola sciolto e libero  sulle ali della leggerezza e della fragranza aromatica, fra note di rose e di ribes – 84/100.

*Comte Lafond Sancerre Grand Cuvée 2014 – (sauvignon) –

il naso è inchiodato dall’abbondante solforosa, anche se fra le pieghe si intravede una materia ordinaria ma  ben disposta (spesso i  cugini francesi attuano queste terapie inoculanti di so2 per poi vantarsi della longevità dei loro vini bianchi…) – 82/100.

*Domaine Gitton Père et fils Galinot Silex 2012 – (sauvignon) –

ampio, grasso e ben estratto, fra espressioni fruttate e mature di melone giallo e pesca bianca, ha una eccessiva presenza boisé che banalizza il carattere, con finale lungo ma dominato dai legni dolci – 85/100.

*Vincent Pinard Sancerre Blanc Flores 2014 – (sauvignon) –

mano felice e ispirata anche in un semplice bianco base: Vincent riesce a cogliere le caratteristiche del miglior Sauvignon della zona con fragranze floreali precise e nette e grande dinamica gustativa, tanto facile è la bevibilità – 88/100.

*Vincent Pinard Sancerre Blanc Petit Chemarin 2013 – (sauvignon) –

quì c’è maggiore estrazione, tensione e acidità, è grasso ma senza essere pesante e senza frenare la beva e la dinamica gustativa; con la solita mano sapiente e chirurgica in vinificazione, Vincent ci lascia un vino da bere ora ma anche per i prossimi 10 anni – 92/100.

*Pascal Cotat Sancerre La Grande Côte 2015 – (sauvignon) –

Pascal sicuramente è un grande produttore, ma il fatto che si ostini, con vendemmie sempre più tardive, a cercare maturità e senso di grassezza mi lascia un po’ perplesso. Il finale sapido e salmastro ti riconcilia un po’ e si salda con il territorio ma mi aspettavo qualcosa di più. Sarà l’annata calda o la poca permanenza in bottiglia? vedremo…87/100.

Pouilly-Fumè (per 1200 ettari a est della Loira terreni ricchi di calcare)

*Domaine Bouchié-Chantellier Première Millesime 2014 – (sauvignon) –

interpretazione semplice ma scorrevole e appetitosa, con note giustamente affumicate e finale delicato su sentori di pompelmo; è però in debito di carattere territoriale – 85/100.

*Château de Tracy Haute Densité 2013 – (sauvignon) –

ottimo il naso fra accenni di salvia e finocchietto selvatico, ma anche cera d’api e pietra vulcanica; i legni e il frutto sono ben integrati e il  finale trova intensità e distensione. La densità per ettaro per la produzione di questa cuvée arriva a 17000 piante – 90/100.

*Joseph Mellot  Le Troncsec 2015 – (sauvignon) –

non eccelle per complessità e rigore stilistico, ma si lascia bere facilmente anche se non c’è da sbilanciarsi troppo sulla sua longevità futura – 84/100.

*Puzelat-Bonhomme 2012 – (sauvignon) –

si tratta della società di negozio di Tierry Puzelat e ne mantiene lo stile e l’approccio biodinamico. Al netto di alcuni cenni ossidativi, esprime una bella bevibilità e un’interpretazione originale – 84/100.

Cour-Cheverny (circa 50 ettari).

*Domaine des Huardes Cour-Cheverny Cuvée Francois 1ere 2011 – (romorantin)  –

mi ha incuriosito l’uva che compone questo vino, rara e autoctona. Basti pensare che per anni i vini  bianchi di molte osterie di Parigi erano a base di Romorantin, paragonabile al nostro trebbiano toscano delle campagne chiantigiane, presente in alcune trattorie popolari. Ma, al di là della dote rustica e della leggera vena ossidativa, il vino mostra un carattere salino e un buon temperamento gastronomico, fra aromi di castagna bollita e tiglio – 86/100.

Touraine (ampia e divisa in molte sottozone per 4475 ettari).

*Puzelat-Bonhomme Touraine Ko in cot we trust 2012 – (malbec) –

veramente singolare questo vino per chi conosce alcuni esempi di Malbec magari argentini o  italiani. Vinificato adottando un protocollo Bio, non nasconde alcune imperfezioni fra volatili alte e residuali odori di ridotto; trova  però in bocca una sorprendente verve, aromatica e sapida, che spinge molto il finale – 85/100.

Coteaux-Vendomois (153 ettari  con uve miste fra cui il “super autoctono” pineau d’Aunis)

*Patrice Colin Petillant Perles Grises – (pineau d’Aunis) –

vino carbonico rifermentato in bottiglia, evidenzia note speziate e pepate intriganti e una bella cremosità  al palato, che induce a una fragrante bevuta stimolata da una fresca acidità – 86/100.

Jasnieres (65 ettari accanto al Coteaux-Vendomois).

*Domaine de Bellivière  Les Rosier 2014 – (chenin) –

le vigne giovani (50 anni!!) di questo produttore danno un contributo di complessità minerale al vino e una corrente acida che illumina il sorso, lungo, modulato con un finale scattante, tonico e roccioso in tutti i sensi. Tessitura da grande vino, una bella scoperta – 91/100.

Montlouis (350 ettari fra argille silicee e sabbia).

*Frantz Saumon Mineral 2015 – (50% sauvignon, 50% chenin) –

mai nome fu più appropriato: le note affumicate e vulcaniche ti entrano subito nel naso e non te le togli più, soprattutto grazie a un sorso che conferma e dilata queste sensazioni, affiancando anche gli aromi agrumati del sauvignon e mielati dello chenin – 89/100.

Vouvray (2175 ettari  dove lo chenin trova molte interpretazioni fra sec, demi-sec, metodo tradizionale ..).

*Domaine Careme Ancestrale 2013 – (chenin blanc) –

piacevole spumante, anche qui il rigore e la tecnica non riescono a delineare i contorni di questo vino, ma la beva è progressiva e piacevole – 84/100.

*Clos Naudin Demi-sec 2003 – (chenin blanc) –

lo chenin nella sua interpretazione con residuo zuccherino, ma dove il contrasto di una acidità notevole e il finale dolce e minerale creano una bevibilità esplosiva. Struttura dalla tessitura agile e felpata, mai in debito di continuità e ricca di stratificazioni sul palato – 93/100.

Chinon (2350 ettari, quasi tutti a cabernet franc).

*Domaine Alliet Coteau de Noiré 2012 – (cabernet franc) –

note pepate e speziate, leggera immaturità tannica, ma vista la latitudine e l’annata ci può stare. Non presenta complessità ma ha buona bevibilità – 85/100.

Bourgueil (1407 ettari fra terrazzamenti ghiaiosi e suoli tufacei).

*Domaine de la Chevalerie Chevalerie 2012 – (cabernet franc) –

ribes e spezie per una naso semplice ma ben scandito, attacco tenue, dai tannini leggermente verdi, manca un po’ di energia e di consistenza tattile – 85/100.

Saint Nicolas de Bourgueil (1073 ettari di freschezza).

*Frederic Mabileau Les Rouilleres 2014 – (cabernet franc) –

non bisogna cercare maturità solare del tannino e cremosità al palato: quì le maturazioni sono più difficili e la chiave interpretativa rimangono la freschezza e la dinamica. Se vi aggrada, godetevi il finale pepato e speziato che ricorda certi nostri cabernet franc del Friuli – 87/100.

Saumur-Champigny e Saumur ( un mare magnum di chenin e cabernet franc ma anche altro).

* Château Yvonne Saumur Blanc 2014 – (chenin blanc) –

begli aromi rinfrescanti fra nespola, albicocca e frutta della passione; vino che esprime maturità e un bel contrasto, oltre a un bel carattere, fra dolcezze di ottima maturità e freschezza acide del vitigno – 88/100.

*Domaine des Roches Neuves Saumur Blanc L’insolite 2015 – (chenin blanc) –

l’annata siccitosa non ha tolto il respiro a questo vino ormai famoso, che manifesta  nei primi rimandi odorosi toni agrumati, di pera bianca, di pompelmo e mela. Conoscendolo ricordo bene che con la maturità i profumi diventano più complessi e fini, riconciliandosi con il temperamento dello chenin più tipico, fra frutta esotica e nespola, ma anche con profonde note idrocarburiche. Aspetteremo, ma per ora è buono come sempre – 90/100.

*Domaine des Roches Nueves Saumur-Champigny Les Mémoires 2014 – (cabernet franc) –

sciolto, agile come una gazzella, integro nei suoi aromi di ribes e spezie, è maturo, con nessun accenno verde e finale profondo; è un vino molto interessante, magari non ha una fasciatura tannica così spessa per noi italiani, abituati a ben altri corredi tannici, ma il frutto è veramente ben estratto e modulato nel lungo finale – 93/100.

*Domaine des Roches Nueves La Marginale 2013 – (cabernet franc) –

il vinone di Thierry Germain: vinificazione rigorosa, legno non leggero ma integrato, attacco polposo e materico, finale che abbisogna di tempo ma sembra essere già in equilibrio – 92/100.

*Le P’tit Domaine Saumur Blanc Entre Deux Voies 2013 – (chenin blanc) –

è ancora compresso dal rovere e questo dato mi preoccupa, visto che è un vino imbottigliato da qualche tempo; bocca salina e dolce (sempre il rovere) con alcune  impuntature acide e finale di media gittata – 84/100.

Anjou e Coteaux de Layon (4693 ettari)

*Château Pierre Bise Cramant de Loire – (chenin blanc) –

piacevole, scorrevole, note di pera e mela, buona carbonica, è ormai un valore sicuro nella sua fascia di prezzo, fragrante e appetitoso, non ti stanca – 85/100.

*Château Pierre Bise Coteaux du Layon Beaulieu Les Rouannieres 2014 – (chenin blanc) –

vino giocato sul contrasto acido zuccherino, ha notevole tatto e persistenza senza essere stucchevole – 90/100.

*Clos des Treilles Anjou Blanc Victoire 2011 – (chenin blanc) –

molto puro nei profumi, ha dei rimandi odorosi singolari e accattivanti, meno sul frutto e più su una mineralità spinta e sulfurea, cera d’api e fiori gialli; il finale è vibrante, tonico, ancora acido e fresco – 90/100.

Savennieres (120 ettari la patria di Nicolas Joli)

*Domaine de Closel Le Clos du Papillon 2014 – (chenin blanc) –

bella maturità fra note di castagna e di pera, attacco saldo in bocca coerente e finale con un lieve residuo zuccherino che ne amplifica la complessità e la morbidezza – 87/100.

 

Claudio Corrieri

 

 

 

 

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