Tre Anni Dopo, Curtefranca Chardonnay – Ca’ del Bosco

 

Curtefranca Bianco DOC CA’ DEL BOSCO

Dopo aver scritto alcuni chilometri di testi decantando gli infiniti pregi e virtù dei vitigni autoctoni, credo sia il caso di equilibrare, senza “spezzare lance” che è alquanto faticoso, la bilancia degli interventi parlando stavolta di chardonnay e non solo di verdicchio, carricante, grechetto e via dicendo.

L’occasione me l’ha offerta il Curtefranca di Ca’ del Bosco. Lo schema è ormai collaudato: tre annate a confronto (2005, 2010, 2012) provate tre anni fa e una verifica attuale su almeno uno dei millesimi esaminati precedentemente (il 2012). È implicito che in questi test gli equilibri ruotino intorno alla resistenza del vino all’ossidazione e ai cambiamenti che essa gradualmente provoca ed è interessante osservarne le varie fasi che passano dal raggiungimento della complessità senza perdita di fragranza giovanile, alla convivenza virtuosa tra ossidazione e freschezza che concede spunti non privi di attrazione, fino al cedimento definitivo che omologa mestamente vitigni e territori. 

I dettagli della degustazione sono, come al solito, consultabili nella parte riservata agli abbonati, ma posso anticipare che, anche stavolta, chi ha scarsa fiducia sulla tenuta nel tempo dei nostri migliori vini bianchi resterà deluso.

Curtefranca e non Franciacorta

Se il termine Franciacorta evoca, per chiunque, un mondo “effervescente” è giusto tenere presente che, anche se non godono della ribalta riservata alle Cuvée Speciali, ai Millesimati, ai Satèn o anche ai Brut più semplici, in Franciacorta si producono vini bianchi e rossi meritevoli di attenzione. A ricordarcelo è l’azienda Ca’ del Bosco (non proprio l’ultima arrivata in fatto di bollicine..) sia con il Curtefranca Bianco Corte del Lupo 2017– fresco, sapido, floreale, delicato al tatto e gradevolmente teso nello sviluppo gustativo – sia con il, quasi omonimo, Curtefranca Rosso Corte del Lupo 2016. Un classico taglio bordolese che gioca le sue carte migliori sulla freschezza, sul tocco elegante e soffice, sull’estrema nitidezza delle sensazioni. Privi di inutili opulenze ma non scarni, estremamente bevibili ma non semplici, entrambi i vini sembrano aver imboccato un percorso stilistico ben definito e, se le prossime annate lo confermeranno, anche decisamente condivisibile.

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