SELEZIONE 2022/23: POGGIO SCALETTE

La matrice enologica così netta ha lasciato così fortemente il segno nei vini di Poggio Scalette da farli rubricare da più d’uno, con una certa superficialità, come vini di scarsa connessione con territorio e tradizione. In effetti è giusto precisare che la tradizione intesa come collegamento con i rossi chiantigiani della “prima era” è effettivamente latitante a Poggio Scalette, dove l’impronta dominante è sempre stata più allacciabile a vini che fino a pochi anni fa si potevano definire “moderni”, in quanto ricchi di frutto, di colore e di presenza di note boisé. Sarei invece decisamente più cauto nello sganciare la produzione dell’azienda della famiglia Fiore dalla territorialità: la tensione percepibile, il dinamismo, la decisa sapidità e quel fondo di grafite, liquirizia e florealità presente nei vari rossi, a prescindere dai vitigni rappresentati, ha un legame profondo con la zona di produzione e non si presta a equivoci; senza contare che, quando si ha poi a che fare con due 2019 del calibro de Il Carbonaione o del Piantonaia, certi rilievi stilistici diventano solo accademici.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

SELEZIONE 2022/23: QUERCIABELLA

Non bastava produrre uno tra i più grandi Supertuscan (scusate il termine, come usava dire il “primo” Benigni) come il Camartina; non bastava aver rinforzato robustamente il “presidio” dei (scusate di nuovo il termine) SuperMerlot chiantigiani con il Palafreno; Querciabella ha proprio deciso di non accontentarsi di questi successi e ha voluto proprio stravincere. Altrimenti che bisogno avrebbe avuto di sfoderare un Chianti Classico Riserva supersonico come il 2019?
Chi si crogiola nell’immagine sfumata, rarefatta e un po’ acidula di certi Sangiovese o si lascia sedurre dai toni caldi, aperti e un po’ evoluti di altri, provi ad alzare le pretese: la Riserva di Querciabella offre una dimensione complessa e autorevole della tipologia, in grado di assumere un ruolo incisivo da protagonista senza tuttavia essere aggressiva (si limita solo a dare qualche schiaffo morale).
Un vino da conservare a lungo in cantina, ma chi non resiste può anche berlo subito: si troverà comunque bene. Dirò di più, volendo usare la formula, cara a molti colleghi d’oltreoceano, mi voglio cimentare a indicare la forbice ideale di consumo: dal 2023 al 2084 (preferibilmente prima dell’estate, come suggerisce con giusta pignoleria l’amico Fabio Rizzari).

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

Il mistero dell’acqua e la verticale del Vigna Bastignano di Villa Calcinaia

La suddivisione in parcelle dei vigneti di Villa Calcinaia a Greve in Chianti è iniziata diffusamente agli inizi del secolo e Vigna Bastignano non è soltanto il primo cru aziendale – Chianti Classico Gran Selezione – ad esordire sul mercato ma è anche indiscutibilmente il vigneto di sangiovese che dà origine al vino più completo e rappresentativo della storica proprietà dei Conti Capponi. Piantato nel 2004 nella forma definita “Alberello di Lamole” a un’altitudine di 280/300 metri, con esposizione a est, sud/est, su terreni composti per il 43% da limo, per il 32% da sabbia e per il restante 25% da argilla, si è sorprendentemente distinto da subito per la struttura robusta ma non aggressiva e il buon equilibrio complessivo.
Credo che a questo punto chiunque legga queste informazioni, noiosamente simili nella forma – altitudine, esposizione, composizione dei terreni – a quelle riportate su molte pubblicazioni dedicate al vino (guide, annuari, comunicati stampa etc..) possa chiedersi cosa sarebbe cambiato se invece del 43 di limo ce ne fosse stato un 39%. Domanda più che legittima anche perché, come sottolineava Pierre Casamayor in un articolo apparso sulla Revue du Vin de France verso la fine del secolo scorso (ormai scandisco il tempo a secoli), anche i terreni della Borgogna hanno certamente una vocazione naturale per la coltivazione della vite ma la loro pur articolata struttura non possiede in fondo caratteristiche così straordinarie e inimitabili. Che cosa, in realtà, li ha resi tali? Semplice, l’acqua. L’acqua che nutre e dà vita. L’acqua corrente e non stagnante, che darebbe l’effetto opposto, la cui velocità di scorrimento nel sottosuolo è determinante e dipende dalla composizione del terreno, dalla pendenza, dalla vicinanza di altri corsi d’acqua di dimensioni maggiori. Ecco allora che le percentuali di limo, sabbia e argilla acquistano un senso e la contemporanea presenza accertata di piccole vene acquifere, attratte ( e velocizzate) dal fiume Greve a fondo valle, giustificano e chiariscono i singolari pregi, da vero cru, della Vigna Bastignano che non soffre la sete nelle stagioni aride e non beve mai troppo in quelle umide.
Una vigna così giovane e già così espressiva, come spiego più dettagliatamente qui, in zona abbonati, negli appunti della verticale di otto annate effettuata lo scorso mese di febbraio presso i locali dell’Osteria Gucci a Firenze.

SELEZIONE VINI 2021: QUERCIABELLA

Non bisogna fidarsi troppo quando vini del calibro del Camartina di Querciabella al primo assaggio sembrano solo buoni e non eccellenti come sempre: è sufficiente una fase di chiusura nell’evoluzione unita al carattere scorbutico di un’annata come la 2017 per limitarne la piena espressività. In ogni caso, quale che sia il motivo, non mi fido di un solo assaggio e tra non molto – qualche mese in più di bottiglia potrebbe essere decisivo – lo riproverò e aggiornerò la recensione.
Nell’attesa di cogliere l’attimo giusto per il Camartina, mi sono però largamente consolato con il resto dei vini presentati e in particolare con una riuscitissima versione 2018 del Chianti Classico Riserva.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

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