I BIANCHI di SERGIO MOTTURA

 

Mi rendo conto di non dire niente di nuovo se affermo che Sergio Mottura è uno dei grandi personaggi del vino italiano, ma non ho intenzione di stare a decantarne gesta e virtù in quanto per lui parlano i suoi vini e anche perché poco mi si addice il ruolo di tessitore di lodi, una funzione che, oggi più che mai, è  abbondantemente coperta da un folto stuolo di enoici, ma non eroici, lusingatori.

Vado quindi al sodo e tra le pagine riservate agli abbonati ho raccolto le note di tre mini-mini verticali (due annate a confronto) dell’Orvieto Tragugnano, del Poggio della Costa e del Latour a Civitella. Tutti vini bianchi declinati con stili e intenti diversi eppure accomunati da una forza  e da una chiarezza espressiva non comuni, oltre che uniti, in tutto o in parte, dalla condivisione dello stesso vitigno, il Grechetto.

Dalla degustazione emerge in tutte e tre le etichette una prevalenza evidente dell’annata più “vecchia” rispetto alla giovane. Difficile dire se il fatto sia casuale ma anche i riassaggi effettuati danno il segno di una materia estremamente viva che si “muove”, come è anche naturale che sia, e crea, con l’evoluzione in bottiglia e il primo contatto con l’ossigeno, effetti di complessità via via maggiori.

segue per gli abbonati

Tre Anni Dopo, Il Bianco – Decugnano dei Barbi

 

Orvieto Classico Superiore Il Bianco DECUGNANO DEI BARBI

La verticale de Il Bianco del Decugnano dei Barbi, effettuata nel 2017, comprendeva 7 annate consecutive, dal 2009 al 2015, con riscontri davvero eccellenti se escludiamo il millesimo 2012 che aveva mostrato uno stato evolutivo eccessivamente e insolitamente avanzato, in totale controtendenza con le altre annate provate. L’ipotesi che avevo formulato al tempo era di correlare questa défaillance alla qualità del tappo o, comunque, della confezione, vista l’assenza dei classici sentori di tappo.

Come vedremo, la riprova a distanza di tre anni, ha pienamente confermato la (facile) deduzione alla quale ero giunto e Il Bianco 2012 si è addirittura dimostrato come il migliore del gruppo, un vino magnifico, dalla stupefacente tenuta nel tempo. Per rendere più attendibile il test, ho confrontato il 2012 con il campione del 2015, un millesimo che, al tempo della prima degustazione, era apparso promettente ma colto in una fase sin troppo giovanile della sua evoluzione.
Ma procediamo con ordine.

……continua per gli abbonati

Orvieto Campo del Guardiano PALAZZONE

 

Orvieto Classico Superiore DOC Campo del Guardiano PALAZZONE

Quanto tempo è passato da quando avete bevuto un bianco di Orvieto? Se lo bevete tutti i giorni e ne siete convinti sostenitori troverete, leggendo le note che seguono, buoni motivi per continuare ad esserlo; se invece neanche ricordate quando vi è capitato di avere avuto a tavola una bottiglia di Orvieto doc, è una buona occasione per ricredervi.

L’attore principale, ben conosciuto dagli addetti ai lavori e non solo da chi ha familiarità con la tipologia, è il Campo del Guardiano dell’azienda Palazzone, un Orvieto che ho testato più volte a distanza di tempo con le annate 2008, 2011 e 2014.

Il resoconto completo è leggibile sull’omonimo Report riservato agli abbonati, ma intanto riporto il primo dei due assaggi dell’annata 2011 risalenti entrambi al 7 febbraio, con la differenza che il primo è avvenuto nel 2017 e il secondo nel 2020.

Assaggio febbraio 2017:
intenso nel colore, profuma di fiori secchi, buccia di agrumi, spezie orientali; in bocca mostra una polpa ricca, continuità, sapidità e una sorprendente lunghezza finale. Tonico e ben articolato, a distanza di oltre cinque anni dalla vendemmia non mostra segnali di cedimenti ossidativi.

Assaggio febbraio 2020:…

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