Una rosea sorpresa

Debbo ammettere di sentirmi un po’ in colpa. Del vino che vado a descrivere avrei dovuto parlarne da tempo e mi sono deciso a farlo solo ora, un anno dopo la sua uscita. Confesso anche che non nutrivo molte aspettative, mi attendevo certamente un prodotto ben fatto, magari “tecnico”, un po’ piacione, poco altro. In compenso, il fatto di averlo assaggiato tardivamente ha offerto la possibilità di apprezzarne ancora di più la piacevolezza. E sono aspetti che assumono una valenza maggiore se si considera che mi sto riferendo al Calalenta, un Merlot Rosato dell’annata 2021, prodotto da Fantini, azienda che ha una struttura più commerciale che artigiana, se vogliamo usare questa definizione. Sarà che il formato magnum della bottiglia possa aver favorito la lentezza dell’evoluzione ma l’effetto finale è stato comunque sorprendente: freschezza, fragranza, dinamismo, ben combinati con un arredo aromatico dotato di sfumature dai toni prevalentemente balsamici e speziati. Certo si deve restare in un ambito circoscritto alle sensazioni più immediate, non cerchiamo segnali di territorio, l’identità è indecifrabile, può provenire da qualsiasi luogo e da qualsiasi uva, ma allo stesso tempo un vino di bella beva e buona tenuta nel tempo è già dalla parte del consumatore.

COLPI DI CUORE

La Guida Hachette è la madre delle Guide-Vini europee, la prima pubblicazione che ha giudicato, catalogato e classificato con ritmo annuale i vini francesi; si può quindi ben dire che ha fatto la storia e, pur con le difficoltà del mercato attuale, continua a farla. Una delle segnalazioni di merito più copiata, il famoso Coup de Coeur, è un marchio storico dell’Hachette e non segnala automaticamente il vino migliore ma quello che ha toccato le corde dell’emozione o che almeno ha sorpreso e stupito gli assaggiatori. Può capitare che sia un vino semi-sconosciuto e quindi una sorpresa totale, oppure un vino famoso che è andato ben oltre il suo pur elevato standard abituale.
Per non lasciare all’asciutto (colpa gravissima) chi mi legge, ho deciso pertanto di segnalare alcuni Coup de Coeur risaltati nei primi giri di assaggio effettuati. Tralascio per ora le griffes più note e pur meritevoli di tale riconoscimento – Paleo e Sassicaia 2019 non scappano.. – e dedico queste righe a una serie di vini che non sempre sono finiti in prima pagina ma che stavolta hanno provocato un giusto “batticuore”.

Il primo gruppo è monopolizzato da vini di Montepulciano e inizio con il Nobile Riserva 2018 de Le Bertille per continuare con il Rosso di Montepulciano 2020 di Manvi e finire con il Chianti Colli Senesi 2019 di Villa S. Anna: tre annate diverse e tre vini che hanno in comune la freschezza, l’eleganza delle forme e la facilità di beva. Tre caratteristiche che fino a pochi anni fa era piuttosto difficile rintracciare a Montepulciano ma che gradualmente stanno diffondendosi sempre di più.

Chiudo questa prima tranche con un vino che ormai non dovrebbe più stupirmi ma che ogni anno immancabilmente ci riesce ed è una versione scintillante e fremente (la 2021) del Rosato di Rocca di Montegrossi.
Da berne a secchi, direbbe Giampaolo Gravina.

Il roseo passato, presente e futuro di un Rosato

Se c’è un vino che non “sente” le annate o, meglio, che in ogni nuova annata è un filo più buono della precedente, questo è il Rosato di Rocca di Montegrossi. Immaginando quanto sia estenuante per un lettore passare da un link all’altro, ho direttamente copiaincollato i commenti al Rosato 2019 e 2018 pubblicati, giusto giusto uno e due anni fa.

Sul 2018 avevo scritto queste note:
brillante nel colore, delicato nell’estrazione tannica, nitido ma non vistoso nei profumi dai riscontri floreali e fruttati, entra sul palato con discrezione, si sviluppa in eleganza e chiude, sul filo della fresca vena acida, con una scìa sapidissima, in armonica congiunzione con il territorio di origine. Perfetto a tavola, in grado di affrontare con successo qualsiasi pietanza (escludendo i dessert..), sarà addirittura migliore tra qualche mese.

Sul 2019, invece:
presenta un profilo stilistico in linea con le caratteristiche dell’annata, per la ricchezza, l’equilibrio, la maturità calibrata del frutto. Il finale intenso, persistente, piacevolmente caratterizzato dalla tipica sapidità di Montegrossi oltre che da profumi di rose e lamponi, promette ulteriori miglioramenti con la permanenza in bottiglia e conferma questa etichetta al vertice della tipologia, almeno in ambito regionale.

E il 2020? Poco da aggiungere, se non che riesce a congiungere la freschezza del 2018 con la ricchezza e la maturità di frutto del 2019 per un insieme assolutamente godibilissimo. Gli amanti della tipologia non possono farselo sfuggire e gli scettici lo possono provare per togliersi i pregiudizi sui vini rosati.

BEN RYÉ E ALTRI VINI DI DONNAFUGATA

 

Ho assaggiato solo quattro dei numerosi vini prodotti da Donnafugata e debbo dire che sono stati più che rappresentativi della vitalità dell’azienda siciliana. E se non cambia il profilo del solito, eccellente, Ben Ryé (Moscato Passito di Pantelleria per quei pochi che non lo sapessero), sono piuttosto interessanti i segnali di caratterizzazione e, insieme, di bevibilità percepiti negli altri vini provati, dall’Etna Rosato Sul Vulcano, già recensito qui e qui, al Cerasuolo Floramundi, per finire con il piacevole bianco Vigna di Gabri.

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