BORDEAUX PRIMEURS 2022. Degustazione UGCB: Pomerol e Saint-Emilion

Cambiano le zone, in questo caso cambia l’intero fronte visto che dalla riva sinistra ci spostiamo sulla destra, nell’area dove il vitigno principale non è più il Cabernet Sauvignon ma il Merlot, spesso accompagnato dal Cabernet Franc. I caratteri di calore e secchezza del millesimo dovrebbero, sul piano delle elucubrazioni puramente teoriche, aver prodotto disastri vista la tendenza del Merlot a maturare precocemente, ad accumulare zuccheri – quindi alcol –  a calare in acidità, ad assorbire con facilità aromi surmaturi. Invece, al contrario, succede quel che non ti aspetti – la freschezza e l’equilibrio prevalgono – e pensi anche di aver elucubrato male, di essere arrivato a conclusioni frettolose, fantasiose e via dicendo. La 2022 sta solo a dimostrare che siamo troppo attenti a tenere di conto degli effetti superficiali e non di quelli meno apparenti, ci accorgiamo quindi di ciò che ci tocca anche personalmente e si controllano le temperature medie, i giorni senza pioggia e si perde di vista – ma è normale perché non lo vediamo – quel che succede all’interno dei terreni, alla composizioni di suolo e sottosuolo, alla loro profondità e alla loro reazione – drenante o meno – con l’acqua, all’età dei vigneti, all’azione dei portainnesti e via dicendo. Un’annata che, al di là di facili slogan, rivaluta il ruolo del territorio: il rapporto tra calore esterno e freschezza interna, in estrema sintesi,  è la chiave di volta e rende comprensibile e giustificabile la risposta sorprendente ricevuta dai Merlot di questo millesimo negli assaggi effettuati all’Hangar 14. Alle visite specifiche, e debbo aggiungere anche entusiasmanti, effettuate, in precedenza, in altri Château del territorio (Angelus, Ausone, Figeac, Lafleur) dedicherò nei prossimi articoli adeguati approfondimenti.

Gli abbonati possono consultare qui le note di degustazione.

BORDEAUX PRIMEURS 2022: Degustazione Union Grands Crus Bordeaux

La degustazione dei vini facenti parte dell’UGCB è concentrata nel primo giorno della manifestazione negli ampi locali dell’Hangar 14 a Bordeaux. I giorni successivi è poi replicata nei territori delle varie denominazioni. Quest’anno, un po’ perché l’affluenza era forse più alta della precedente edizione, un po’ perché confesso di avere perso (fortunatamente aggiungo) quest’ansia classificatoria che mi imponeva di assaggiare tutto a ogni costo, il resoconto che offro nell’occasione è limitato a 75 recensioni, più che sufficienti per farsi un’idea ma al di sotto degli oltre 100 vini presenti. Rispetto al passato l’assaggio  si svolge in piedi, girovagando tra i banchi dei produttori che sono sempre molto gentili e disponibili ma per scrivere si deve fare affidamento su piccoli tavoli rialzati, disseminati lungo la sala, dove appoggiare bicchiere e taccuino. Il problema è che spesso i tavoli sono occupati e devi trovarne uno con un lato libero; poi devi sputare il vino e avvicinarti a una sputacchiera, sempre rialzata e quindi comoda da “centrare”, dove rischi però di diventare un facile bersaglio.. Insomma, tutto va bene, degustare questi vini è comunque un privilegio ma, sul piano organizzativo, si potrebbe fare di meglio.

Per quanto riguarda invece gli aspetti strettamente degustativi non ho molto da aggiungere rispetto alle prime impressioni pubblicate e confermo che la 2022 è un’annata ottima ma non proprio omogenea.

Il primo resoconto di questi assaggi, dedicato ai vini delle Aoc Graves e Pessac-Léognan, è consultabile qui, in zona abbonati, dove ho già pubblicato quello relativo ai vini del Grand Cercle.

BORDEAUX PRIMEURS 2022: Château Palmer

Pochi giorni dopo l’inizio della vendemmia, abbiamo assaggiato i primi tini di Merlot e ci siamo resi conto che i vini di questa annata sarebbero stati diversi da quelli che ci aspettavamo. Secondo la nostra esperienza, le estati secche e torride producono vini potenti, brillanti ed espressivi. E mentre Château Palmer e Alter Ego 2022 incarnano entrambi queste caratteristiche, essi hanno anche una particolare armonia, delicatezza e freschezza che continuano a sorprenderci quando li presentiamo ai nostri amici in tutto il mondo. Ma perché? La viticoltura è cambiata in modo significativo negli ultimi 15 anni. I terreni di Palmer sono vivi (la proprietà segue da anni ormai i dettami della biodinamica, N.d.R.), la materia organica è stabile e le radici sono profonde. Le nostre parcelle hanno un’età media di oltre 40 anni e non tagliamo più le cime delle viti. Le alte temperature di giugno hanno favorito la loro preparazione, mentre le piogge di inizio estate hanno quasi certamente fatto la differenza. Tutti questi fattori hanno giocato un ruolo importante, naturalmente. Il vigneto ha mantenuto un certo mistero che forse non riusciremo mai a spiegare del tutto. Il fattore X, forse?”.–Questa è la dichiarazione “ufficiale” di Thomas Duroux, CEO di Château Palmer, sulla vendemmia 2022. Ma, nello scambio di impressioni ricevute direttamente, ha aggiunto altri aspetti che possono aver recitato un ruolo complementare nella riuscita dell’annata; oltre all’età dei vigneti sopra citata ha individuato un punto a favore nelle basse rese produttive (poco più di 20 ettolitri per ettaro) che hanno permesso di raggiungere la maturazione ottimale senza dispersione di risorse e l’equazione “poca produzione = alta qualità” non è da dare per scontata visto che proprio in certe annate molto calde (ma precoci) è stata più incisiva e funzionale la scelta di essere alzare lievemente il carico produttivo per allungare i tempi di maturazione. Ma la vendemmia 2022 è stata calorosa ma non precoce e, sia nell’assaggio dell’Alter Ego – il second vin di Palmer – che, soprattutto, in quello del Grand Vin, Château Palmer appunto, la ricchezza di frutto è straordinaria e avvolge il resto della struttura in un morbido abbraccio, creando un effetto da perfect sphera. Debbo dire che poche altre volte sono rimasto così colpito da Palmer in occasione dei Primeurs; al punto di affermare che quest’annata merita di insediarsi con autorevolezza sul podio più alto della denominazione Margaux. Molti altri vini in quest’annata offrono questo senso di avvolgenza ma non sono altrettanto numerosi quelli che, come Ch. Palmer, lo associano a un dinamismo e a un ritmo sul palato che amplificano l’invito alla beva.
Indubbiamente l’annata ha messo ad una prova estrema la qualità del terroir e Palmer ha attinto dai suoi terreni quel compendio di freschezza che ha permesso il raggiungimento di un punto di armonia così preciso da essere inimmaginabile nel corso della passata stagione.
Aggiungo tuttavia che, nella misura nella quale le vigne si sono adattate all’andamento climatico, non di meno si è evoluto il percorso di elaborazione di chi il vino deve progettarlo e realizzarlo. Fino a non molti anni fa – e non mi riferisco a Palmer ma un po’ a tutto il mondo del vino – imperavano i protocolli operativi e in cantina, come in vigna, si applicavano ripetitivamente i soliti gesti e le solite azioni. Oggi tale modo di agire risulterebbe disastroso ed è necessario più che mai possedere una visione di prospettiva, sapere immaginare il vino che verrà e assecondare, con razionalità, le mosse della natura.
Come, credo, stia succedendo a Palmer.

Seguiranno, in zona abbonati, le recensioni specifiche.

BORDEAUX PRIMEURS 2022

È stata davvero una grande annata? Questa è la domanda dominante alla presentazione di ogni nuovo millesimo a Bordeaux e della 2022, già preannunciata come tale, si può dire che non abbia deluso le aspettative. Certo, bisognerebbe entrare nel merito, non tanto di ogni singolo vino prodotto, ma di cosa intendiamo per grande annata. Se pensiamo di comprendere nella definizione una qualità diffusamente molto elevata su tutti i vini prodotti, saremmo un po’ fuori strada: non è stata per tutti una grande annata, per cui, se prossimamente leggerete 2022 su qualche etichetta bordolese, non illudetevi di avere sistematicamente a che fare con un grande vino.
Se invece collegate il concetto alla presenza più alta del consueto di grandi e grandissimi vini, allora siamo assai più vicini alla realtà anche se continuiamo ad essere vincolati a una forma deformata di comunicazione che esige una sintesi semplificatrice quando la realtà è assai più complessa e articolata.

Per tentare di comprendere meglio l’annata 2022 è opportuno sciorinare qualche cifra. I dati pubblicati ad esempio da Château Latour (nella foto) segnalano che in un anno, da ottobre 2021 a settembre 2022, si sono registrati – record negativo assoluto – soltanto 615 millimetri di pioggia, buona parte dei quali a dicembre 2021. Un andamento eccezionalmente secco con poche piogge nel periodo invernale, qualcosa in più ad aprile, niente o quasi in un maggio già molto caloroso e un’impennata più consistente (l’unica) concentrata in pochi giorni a metà giugno; tanto sole cocente e niente acqua a luglio, una pioggia salvatrice a metà agosto, sempre con temperature molto elevate, mentre a settembre la situazione è stata simile con notti però più fresche. Nel resto della regione i rilievi cambiano di poco anche se in alcune zone sono risultati addirittura più estremi.
Cosa attendersi pertanto da uno sviluppo meteo dalle inclinazioni fortemente meridionali in termini di sviluppo degustativo? Vini potenti, concentrati, ricchi di frutto, se consideriamo che le rese produttive sono state contenute e distribuite da un minimo di 20 sino a 40 quintali (di vino) per ettaro, ma anche presenza di profumi surmaturi, carenza di freschezza e slancio sul palato, con tannini crudi e immaturi, come già capitato in annate simili.

La sorpresa, anzi la meraviglia e, se vogliamo scendere su altri piani descrittivi, il mistero dell’annata è costituito proprio dal fatto che dal punto di vista aromatico i vini esprimono un ventaglio ampio, dal floreale al balsamico e allo speziato con tutti i generi di frutti rossi e neri a completare il quadro; da quello gustativo non ho potuto che restare incantato dalla freschezza finale e da una qualità tannica straordinariamente fine e matura. Un miracolo? Può essere ma pensando razionalmente è stato buon motivo di interesse comprendere quali meccanismi hanno innescato queste sorprendenti reazioni. Da dove è arrivata la freschezza? E la maturazione dei tannini come si spiega? In ogni visita effettuata ho chiesto e confrontato i vari pareri e, pur senza giungere ad una spiegazione unica ed esauriente del “fenomeno”, ho trovato le maggiori condivisioni sugli aspetti e le ipotesi che vado a enunciare.

In primo luogo va tenuto conto che il millesimo precedente ha avuto caratteristiche quasi opposte, con un giugno piovosissimo che ha dato il via a una serie di infezioni (vedi soprattutto peronospora) nei vigneti e un settembre che li ha annaffiati robustamente in tre o quattro occasioni; nel mezzo però luglio e agosto secchi, arresti di maturazione e vendemmia decisamente ritardata con gradi alcolici inferiori mediamente ai 13 gradi. Non si può tuttavia attribuire alla relativa piovosità del 2021 la costituzione di una “riserva” idrica che abbia sostenuto i vigneti anche in questa annata.
Gran parte dei pareri convergono invece sulla capacità delle viti ad adattarsi alle variazioni climatiche dato che le estati calde e soprattutto secche sono iniziate con continuità dal 2015 e hanno trovato l’apice nel 2022 che, oltre agli eccessi di calore (non di rado si sono toccati i 40 gradi) di luglio e agosto, ha sommato un inverno e una primavera poco piovosi creando una tendenza negli apparati radicali delle piante a cercare l’acqua già nel mese di maggio. Per non farla troppo lunga si è verificata una situazione che ha favorito i terreni profondi con fondi argillosi in grado di trattenere l’acqua e gli impianti di vigneto meno giovani, dai 30 ai 50 anni e oltre, con strutture radicali diffuse verticalmente nelle parti più umide del sottosuolo. Ne consegue che gli impianti più giovani con radici superficiali e/o terreni meno profondi non hanno raggiunto gli stessi risultati.

L’insieme dei dati sarà poi materia di studio e approfondimento per agronomi e tecnici che proveranno a unire i vari pezzi del puzzle, dall’importanza dei porta innesti, alla fioritura precoce, alla teoria che individua un passaggio decisivo della sintesi polifenolica nei casi in cui le piante vanno in stress idrico prima dell’allegagione e dopo l’invaiatura, all’importanza di una buona escursione termica (calore diurno e freschezza notturna) nella formazione e nella non dispersione dei profumi e non solo…Insomma la voglia di capire i mille perché è tanta ma non essendo un tecnico ma solo un giornalista posso pensare che il miracoloso mistero dell’annata 2022 sia condensato in un insieme di fattori convergenti tra loro e uniti indubbiamente dall’intuizione e dalla sensibilità di chi ha poi realizzato i vini.
Sul piano strettamente degustativo debbo invece ricordare che lo spostamento in avanti di 20-30 giorni della presentazione dei Primeurs ha fornito (come già lo scorso anno) un supplemento di tempo utilissimo ai vini per mostrarsi in forma migliore e inoltre il fattore che ha permesso, soprattutto quest’anno, di rendere più apprezzabile anche ai palati meno avvezzi un vino in evoluzione è certamente costituito dai Ph alti (acidità poco avvertibile e maggior senso di morbidezza), caratteristica che non troviamo certamente nei nostri Nebbiolo e Sangiovese, tanto per citare due vitigni conosciuti dai più.

La scarsissima umidità per contro ha permesso di avere uve naturalmente sane, con drastica riduzione di trattamenti fitosanitari, acini piccoli e concentratissimi in grado di sviluppare gradi alcolici importanti ma non totalmente fuori registro (mediamente sui 14-14,5) dato che il processo di maturazione ha avuto ritmi lenti visto che le piante per fronteggiare lo stress si sono messe sulla “difensiva” e hanno, come dire, centellinato le forze per sopravvivere.
Il reportage e il racconto degli assaggi effettuati proseguirà con i prossimi articoli.

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