CHIANTI CLASSICO 2017/2016/2015

L’affollata lista di recensioni di Chianti Classico mi impone di alleggerire il carico proponendo in questo Report 21 vini selezionati delle annate precedenti al 2018. Per lo più si tratta di Gran Selezioni e di Riserve del millesimo 2017 (16 per l’esattezza) ma non mancano alcuni 2016 e addirittura un 2015 che si è rivelato tra i più convincenti e sorprendenti dell’intero gruppo. L’uscita ritardata – sarebbero infatti già disponibili i 2019 delle stesse tipologie e pubblicherò tra non molto le relative recensioni – dipende ovviamente da scelte aziendali, certamente l’annata 2017 non è di quelle che passeranno alla storia, tuttavia va sottolineato che buona parte dei campioni provati non mostra alcun segnale di decadenza anche se solo una parte minoritaria esprime un carattere definito e un chiaro senso di riconoscibilità. D’altro canto debbo ricordare gran parte dei 2017 è uscita negli anni scorsi e questa piccola fetta di vini non può essere considerata altrettanto rappresentativa.
Ecco l’elenco delle cantine presenti nella recensione:
Badia a Coltibuono, Belvedere Campòli, Bindi Sergardi, Cafaggio, Castellinuzza e Piuca, Castello di Monsanto, Castello di Verrazzano, Castelvecchi, Lanciola, La Ranocchiaia, Pasolini dall’Onda, Podere Ciona, Quercia al Poggio, Rocca di Montegrossi, San Felice, Villa Cerna e Rosa, Viticcio.

Le note di degustazione sono a disposizione degli abbonati e consultabili qui.

ANTEPRIMA CHIANTI CLASSICO RISERVA 2019

Le eccellenti premesse che preannunciavano il millesimo 2019 dei Chianti Classico Riserva non sono state davvero disattese e non deve sorprendere quindi la quantità elevata di vini di alto (e anche altissimo) livello riscontrate nella degustazione effettuata alla “Leopolda” nel corso delle Anteprime Toscane 2022, anche se va sottolineato che molti vini non erano ancora disponibili per l’assaggio e i giudizi su quelli presenti (33) possono essere soggetti a un comprensibile margine di variabilità, tenendo conto sia della presenza di “Campioni da botte” per alcuni, sia degli effetti del recente imbottigliamento per tutti gli altri. Non mi sono tuttavia astenuto dall’assegnare un punteggio, evitando di riportarlo solo per quei vini colti in una fase di sviluppo più difficoltosa e giudicati al momento in modo meno positivo.
Gli appunti di degustazione, consultabili qui, sono capeggiati da un’inarrivabile Riserva di Riecine in una delle sue versioni più splendide di sempre.

SELEZIONE VINI 2021: ROCCA DELLE MACÌE

Nel corso degli anni i vini di Rocca delle Macìe hanno guadagnato una reputazione crescente grazie a esecuzioni precise completate talvolta da qualche guizzo autorevole da parte delle etichette più accreditate. Mai come in questa tornata di assaggi ho avuto però una percezione così netta del raggiungimento di una maturità stilistica diffusa e coerente su tutta la ampia gamma dei vini presentati. Freschi, slanciati, eleganti, dinamici sono termini che raramente ho speso per questi rossi che frequentemente si facevano notare più per la potenza che per la finezza. In poche parole i Chianti Classico della famiglia Zingarelli a partire dalla Riserva Sergioveto, associano alla struttura una bevibilità sorprendente e se è vero che le caratteristiche dell’annata 2018 hanno favorito tali connotazioni, credo che non vada sottovalutata la bontà del percorso stilistico intrapreso e seguito con perseveranza negli ultimi anni.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

È arrivato il tempo delle UGA in Chianti Classico

Due giorni fa – il 16 giugno – il Consorzio del Chianti Classico ha diramato un comunicato che segnerà il percorso futuro della storica denominazione. In breve, sono nate le UGA, sigla che sta a indicare le Unità Geografiche Aggiuntive ovvero la “suddivisione del territorio di produzione del Chianti Classico in aree più ristrette e dotate di maggiore omogeneità, per arrivare ad indicare in etichetta il nome del borgo o villaggio”. Al momento le zone individuate sono undici: Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio (comprensivo dei territori di Barberino Tavarnelle e Poggibonsi), Vagliagli.
La novità tanto attesa è riservata – sembra solo in questa prima fase – alla tipologia Gran Selezione per la quale è stata anche richiesta una modifica al disciplinare innalzando la quota di Sangiovese ed escludendo la presenza dei vitigni internazionali.
La scelta nel suo complesso va interpretata, senza scendere in troppi distinguo, come un grande passo in avanti. Che poi di passi in avanti se ne possano fare anche tre, quattro o cinque è un altro discorso ma che sia un punto migliorativo della situazione attuale non ci sono dubbi.
Ho già espresso al riguardo qui – facile farlo dopo – cosa ne pensavo e lo ribadisco nuovamente.

Come viene riportato nel comunicato, il Consorzio si propone “di rafforzare la comunicazione del binomio vino-territorio, aumentare la qualità in termini di identità e territorialità, consentire al consumatore di conoscere la provenienza delle uve…”.
Una dichiarazione di intenti da sottoscrivere in toto e, proprio perché è assolutamente condivisibile, non è comprensibile a rigor di logica limitarne gli effetti a una tipologia che rappresenta il 6% – sei percento – dell’imbottigliato, che è un po’ come dire che il restante 94% non ha – al momento – una provenienza altrettanto certa e definita.

Ma ciò che non è giustificato dalla logica rientra comodamente nella consuetudine politica perché si comprende benissimo che mettere d’accordo le tante anime del Chianti Classico sia già stato uno sforzo sovrumano ed essere riusciti ad aprire una breccia costituisce una base fondamentale da cui partire. A questo punto non è più una questione di principio ma di tempi di realizzazione e dipende dalla risposta alla domanda: quanto dovrebbe durare la prima fase (quella limitata alla sola Gran Selezione)?

Alla resa dei conti tutto è relativo: si potrebbe concludere che dopo decenni di attesa siamo finalmente arrivati a un grande risultato oppure che dopo decenni di attesa c’è ancora chi vuole rallentare il naturale sviluppo del territorio.

Ma l’impressione è che stavolta potrà solo rimandarlo.

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