È arrivato il tempo delle UGA in Chianti Classico

Due giorni fa – il 16 giugno – il Consorzio del Chianti Classico ha diramato un comunicato che segnerà il percorso futuro della storica denominazione. In breve, sono nate le UGA, sigla che sta a indicare le Unità Geografiche Aggiuntive ovvero la “suddivisione del territorio di produzione del Chianti Classico in aree più ristrette e dotate di maggiore omogeneità, per arrivare ad indicare in etichetta il nome del borgo o villaggio”. Al momento le zone individuate sono undici: Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio (comprensivo dei territori di Barberino Tavarnelle e Poggibonsi), Vagliagli.
La novità tanto attesa è riservata – sembra solo in questa prima fase – alla tipologia Gran Selezione per la quale è stata anche richiesta una modifica al disciplinare innalzando la quota di Sangiovese ed escludendo la presenza dei vitigni internazionali.
La scelta nel suo complesso va interpretata, senza scendere in troppi distinguo, come un grande passo in avanti. Che poi di passi in avanti se ne possano fare anche tre, quattro o cinque è un altro discorso ma che sia un punto migliorativo della situazione attuale non ci sono dubbi.
Ho già espresso al riguardo qui – facile farlo dopo – cosa ne pensavo e lo ribadisco nuovamente.

Come viene riportato nel comunicato, il Consorzio si propone “di rafforzare la comunicazione del binomio vino-territorio, aumentare la qualità in termini di identità e territorialità, consentire al consumatore di conoscere la provenienza delle uve…”.
Una dichiarazione di intenti da sottoscrivere in toto e, proprio perché è assolutamente condivisibile, non è comprensibile a rigor di logica limitarne gli effetti a una tipologia che rappresenta il 6% – sei percento – dell’imbottigliato, che è un po’ come dire che il restante 94% non ha – al momento – una provenienza altrettanto certa e definita.

Ma ciò che non è giustificato dalla logica rientra comodamente nella consuetudine politica perché si comprende benissimo che mettere d’accordo le tante anime del Chianti Classico sia già stato uno sforzo sovrumano ed essere riusciti ad aprire una breccia costituisce una base fondamentale da cui partire. A questo punto non è più una questione di principio ma di tempi di realizzazione e dipende dalla risposta alla domanda: quanto dovrebbe durare la prima fase (quella limitata alla sola Gran Selezione)?

Alla resa dei conti tutto è relativo: si potrebbe concludere che dopo decenni di attesa siamo finalmente arrivati a un grande risultato oppure che dopo decenni di attesa c’è ancora chi vuole rallentare il naturale sviluppo del territorio.

Ma l’impressione è che stavolta potrà solo rimandarlo.

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