SELEZIONE VINI 2021: TERRE BIANCHE

Succede davvero raramente di trovarsi di fronte a una serie di vini – prodotti dalla medesima azienda (Terre Bianche) – così riusciti, al punto di creare qualche interrogativo di tipo “classificatorio”. Poteva essere messa in conto la competizione tra il Bricco Arcagna e il Terrabianca, le due principali etichette di Rossese di Dolceacqua: più ricco, strutturato, complesso il primo; fine, scattante, freschissimo il secondo. È un dilemma che si è verificato anche in anni passati con il Terrabianca immediatamente più coinvolgente e il Bricco Arcagna meno disponibile inizialmente ma che, con l’ossigenazione, sale progressivamente di quota e ti fa immaginare un’evoluzione ancora più positiva. L’annata 2019 ci consegna quindi in splendide condizioni di forma questi due magnifici rossi liguri che, per inciso, non hanno proprio niente da invidiare a tipologie assai più celebrate.
Ma non è finita qui, perché non mi sarei atteso un simile confronto anche tra i due Pigato con il (teoricamente) più semplice 2020 in grado di contendere il ruolo di protagonista al pur eccellente Arcana Bianco 2019, esibendo un carattere e un’articolazione da vino di caratura superiore.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

V. d. G.: Dolceacqua Luvaira 2017 Maccario Dringenberg

(Rossese di) Dolceacqua DOC Luvaira 2017 MACCARIO DRINGENBERG

Nella ristretta selezione dei migliori Rossese assaggiati quest’anno (le recensioni sono consultabili in questo Report), risalta come non mai la prova del Luvaira di Maccario Dringenberg. Le, pur stringate, note di assaggio dovrebbero essere sufficienti a renderne l’idea:

ha una presa decisa sul palato, è reattivo, saporito, ben strutturato, con convincente cambio di passo in un finale dai contorni salini. Eccellente.

Ormeasco e Rossese, la Liguria non è solo vino bianco

Dall’ultimo Report pubblicato e dedicato al Rossese di Dolceacqua e all’Ormeasco di Pornassio, ho estratto alcune recensioni degne di nota e meritevoli – per la qualità espressa – di interrompere (momentaneamente) la lunga sequenza delle recensioni riservate alla anteprime toscane.

 

TENUTA ANFOSSO – Rossese di Dolceacqua Superiore DOC Luvaira 2016
integro, fresco, vivo, scattante, mantiene una tensione ammirevole e un’articolazione dettagliata, il finale è lungo, progressivo, complesso ed elegante, pienamente coerente.

TERRE BIANCHE – Rossese di Dolceacqua DOC 2017
profumi nitidi di ciliegie, pepe e violette; sapore elegante, gustoso, sapido, scattante, lungo nel finale.

MAIXEI – Rossese di Dolceacqua Superiore DOC Barbadirame 2016
buona articolazione aromatica, tra note di spezie, rabarbaro e frutti rossi; sviluppo del sapore continuo, intenso, ben modulato anche se non particolarmente reattivo. Il finale è piacevole, coerente, non privo di complessità.

CASCINA NIRASCA – Ormeasco di Pornassio DOC 2017
molto giovanile nell’aspetto, ha un frutto integro e maturo al punto giusto; in bocca è succoso, reattivo, sapido, con finale intenso su note di grafite, mirtilli e spezie.

Assaggi Irregolari, N. 2 – Dolceacqua 2017 E PRIE

 

Qualsiasi accostamento al Pinot Nero nobilita chi lo produce e anche chi ne scrive. Vogliamo dare un tono a un vino o addirittura a un’intera tipologia? Basta accennare che i profumi ricordano (anche vagamente, anzi meglio se vagamente) certe annate del produttore X di Volnay o di Corton e il gioco è fatto; quel determinato vino, anche se corto e disarmonico, si avvolge di un’aureola di finezza mai conosciuta sino a quel momento. E chi lo racconta acquisisce immediatamente lo status di fine intenditore e, con il tempo, anche di “uomo di mondo”.

Un preambolo necessario per inserire, in quella che sta diventando, non premeditatamente, la rubrica degli Assaggi Irregolari, un vino provato a inizio estate (o fine primavera, giorno più giorno meno) facente parte di una tipologia più volte accostata, anche da penne illustri come il grande Gino Veronelli, niente meno che a qualche prestigiosa appellation borgognona.

Come suggerisce il titolo, sto parlando del Rossese di Dolceacqua, un vino che fino a una decina di anni fa, fatta eccezione per qualche raro appassionato, era diffuso solo in ambito locale, vista anche l’esiguità della produzione. Oggi conosce, con giusto merito, una relativa fama e, conseguentemente, alle firme di maggior successo della Denominazione si aggiungono ogni anno altre etichette degne di attenzione.

Tra queste mi ha incuriosito il Dolceacqua 2017 di E Prie proprio per certi suoi toni aromatici dove affiorano sentori di rabarbaro, spesso rintracciabili nei vini maturi a base di pinot nero. E se i profumi segnalano un carattere originale, ma anche un’evoluzione avanzata non proprio lusinghiera per un vino così giovane, si resta sorprendentemente colpiti da un sapore vivo, tonico, di inattesa lunghezza e freschezza finale. Un vino a due facce, dotato di quel tocco di imprevedibilità (e irregolarità) che, a suo modo, lo rende unico.

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