Château Figeac, la solita questione di stile.

Le origini di Figeac sembrano essere antichissime e c’è chi ama collegarle, come nel caso di Château Ausone, a un personaggio di epoca romana, con la differenza che mentre Ausonius è effettivamente esistito, del fantomatico Figeacus (sic) non esiste alcuna traccia e testimonianza. Ciò che è certa è la presenza di alcune parti dell’attuale Château che pare siano da far risalire intorno all’anno mille. Un vero castello medioevale che fu quasi del tutto distrutto durante il periodo delle guerre di religione francesi (fine ‘500).
Come in molte proprietà bordolesi (e in misura anche maggiore) i passaggi di proprietà sono stati innumerevoli e l’aspetto più significativo è costituito dal fatto che le vaste dimensioni dello Château sono state gradualmente frazionate e da una di queste parti è nato il prestigioso Château Cheval Blanc che, almeno da un punto di vista storico, può essere visto come un “figlio” di Figeac. Uno dei tanti, per la verità.

La storia attuale è legata invece agli eventi successivi alla seconda guerra mondiale quando la gestione della tenuta passò a Thierry Manoncourt che ebbe il merito di dare nuovo impulso a Figeac, rinnovando cantina e vigneti e consolidando nel vino quello stile originale che lo aveva reso famoso. Uno stile che personalmente ho sempre ammirato ma che non è mai stato troppo apprezzato dalla critica dominante d’oltreoceano. Nel 1988 Manoncourt ha passato la direzione dell’azienda al genero, il Conte Éric d’Aramon, fino a che nel 2012 la delusione per non aver raggiunto la promozione alla classe A della denominazione ha indotto la proprietà, ovvero le quattro figlie di Manoncourt, a cambiare totalmente registro sostituendo Éric d’Aramon con Frédéric Faye e prendendo come consulente esterno niente meno che Michel Rolland. Una notizia quest’ultima che ha creato qualche apprensione, rivelatasi per ora ingiustificata, ai fedelissimi del classico stile di Figeac.
Ed eccoci al punto: in cosa consiste e da cosa nasce lo “stile Figeac”?

È una pura e semplice questione di territorio. I vigneti di St Emilion sono divisi in quattro terroir principali. Il primo è costituito prevalentemente dalla sabbia e ci sono due regioni principali: 1.200 ettari nelle colline a est della città di St Emilion e altri 2.000 declinando verso le rive della Dordogna. Nessuna delle due regioni ospita le tenute più prestigiose dato che queste sono concentrate nella zona delle colline calcaree intorno alla città di St Emilion (Ausone tanto per citarne uno). Infine all’estremo ovest, confinante con Pomerol, si trova il Graves-St-Emilion ovvero i banchi di ghiaie, dove sono collocati Cheval-Blanc e Figeac. La presenza di ghiaia differenzia la zona dal calcare di St. Emilion e dall’argilla di Pomerol e dà origine a un territorio con caratteri così diversi da prevedere la presenza nei vigneti di un bel 35% di Cabernet Sauvignon che si somma ad altrettanto Cabernet Franc, lasciando solo il 30% al Merlot e creando una vera e propria isola dai connotati organolettici non così distanti da un cru del Médoc.

Una diversità che si esprimeva solitamente con toni più freschi e sapidi, certe volte anche più verdi, rispetto alla maggioranza dei vini della denominazione così caldi, cremosi e voluttuosi ma anche estrattivi e certamente meno classici ed eleganti del buon, vecchio Figeac. E, come ho già accennato, è inutile sottolineare quale delle due interpretazioni ha raccolto i favori della critica del nuovo mondo e non solo quella.

Certo è anche vero che sotto il profilo squisitamente tecnico Château Figeac non è sempre stato del tutto irreprensibile ma oggi certi limiti sono stati ampiamenti superati e l’annata 2021 sembra nata apposta per esaltarne la vecchia finezza associandola a una ritrovata integrità di frutto per un insieme semplicemente delizioso.

Le note di assaggio di Château Figeac sono consultabili, unitamente a quelle degli altri vini di St. Emilion, in area abbonati.

Château Ausone, cenni storici e l’attualità dei primeurs 2021

Proveniendo dalla D122, Château Ausone si trova sul bordo dell’altopiano calcareo alle porte della città di St. Emilion. La proprietà si trova in una posizione elevata dalla quale è possibile ritagliare una visione spettacolare di una parte dei vigneti dell’appellation anche se la strada di accesso che porta al cancello dello Château è piuttosto stretta e dovete sperare di non incrociare altre auto nel (fortunatamente) breve tragitto. Anche l’ingresso non gode degli spazi presenti nelle più famose proprietà del Médoc ma anche in altri Château della zona, come Cheval Blanc o Figeac, ma Ausone è sicuramente il più originale e suggestivo dal punto di vista storico-architettonico. E non è possibile parlare di Château Ausone senza ricorrere, seppur stringatamente, alle sue origini che si vogliono far risalire al poeta romano Decimius Magnus Ausonius vissuto nel quarto secolo d. c. e che per primo pare aver citato le vigne, e conseguentemente i vini, di Bordeaux. In realtà non ci sono prove e tanto meno certezze che Ausonius abbia fondato lo Château che riporta il suo nome e ci sono persino dubbi che vivesse a St. Emilion; è invece accertata la sua presenza e anche la sua ricchezza (la storia si ripete) come proprietario di terreni e vigneti in tutto il territorio bordolese. Anche le vestigia gallo-romane della città e altri resti antichi riesumati in altri crus del comprensorio (come a La Gaffelière) costituiscono una memoria indelebile ma non direttamente collegabile ad Ausonius.
In ogni caso, un primo concreto riscontro è collegato alla presenza di una torre sull’altopiano che fu ribattezzata come “Tour d’Ausone” intorno al 1550 e poi a fine ‘700, quando il proprietario Jean Cantenat assegnò allo Château il nome definitivo di Ausone. Nel frattempo i vini prodotti crescevano di reputazione e la proprietà cambiava padrone per effetto di matrimoni ed eredità fino a giungere a fine ‘800 in possesso di Édouard Dubois-Challon che successivamente acquistò anche lo Château Belair. Per farla corta e arrivare ai giorni nostri, diciamo che la proprietà è stata contesa a lungo tra i vari eredi fino a che nel 1997 una parte di essi ha tenuto Belair e l’altra (la famiglia Vauthier, attuale proprietaria), Ausone. Il lungo contenzioso ha inevitabilmente frenato interventi ed investimenti che in parte hanno influito sulla qualità del vino che però, da quando Alain Vauthier (coadiuvato oggi dai figli) ha ripreso in mano la gestione di Château Ausone, ha trovato gli impulsi giusti per recuperare il terreno perduto e riposizionarsi di slancio al vertice della denominazione.

La visita ad Ausone, effettuata la mattina del 26 aprile, non è mai asettica e clinicamente professionale perché è uno di quei luoghi che hanno in sé un’atmosfera incantata che rischia di farti immaginare il vino già prima di averlo provato. Finissimi e classici per vocazione innata, sia Château Ausone che il secondo vino, Chapelle d’Ausone, esprimono e sintetizzano con straordinaria efficacia i pregi di un’annata (2021 ovviamente) che con tutti i suoi limiti, veri o presunti, rappresenta nei fatti il modello ideale del vino che vorresti sempre bere…
Le note di degustazione e gli altri aspetti tecnici continuano qui per gli abbonati.

Bordeaux Primeurs, Saint-Emilion e Pomerol – Aprile 2018

 

La seconda serie dei vini della riva destra comprende, oltre ai Saint-Emilion, anche un piccolo stuolo di Pomerol, il cui assaggio, per quanto ridotto nel numero, sottolinea una volta di più che non è proprio un’annata memorabile per i Merlot. Anche se non manca qualche acuto individuale degno di attenzione.

 

CHÂTEAU LARCIS DUCASSE– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Nitido nei profumi di stampo fruttato e floreale, è bilanciato, ben disposto e ordinato nello sviluppo sul palato; il finale si alleggerisce ma mantiene una pregevole freschezza di fondo.  – 89

CHÂTEAU PAVIE MACQUIN– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Intenso negli aromi dal carattere esotico di cedro, spezie orientali, torrefazione; pieno e denso, maturo e bilanciato, con tannini dolci e morbidi di eccellente qualità. Il finale è meno incisivo ma l’insieme è più che convincente.  – 91

CHÂTEAU SOUTARD– Saint-Emilion Grand Cru Classé
Compatto, costruito con buona misura, non complesso, di media struttura e gradevole senso di freschezza finale.  – 86

CHÂTEAU TROPLONG MONDOT– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Profumi di amarene, ribes, cacao e aromi di torrefazione; in bocca ha un ingresso più dolce e maturo di altri, con uno spessore interno significativo anche se non troppo articolato. Da attendere. – 89

CHÂTEAU TROTTEVIEILLE– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Fresco, levigato al tatto, ben civilizzato, slanciato e scorrevole, di media complessità ma decisamente piacevole.  – 88

CHÂTEAU VALANDRAUD– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Indirizzato con nitidezza sulla ricchezza del frutto, possiede carattere, sapidità, capacità di rilancio; la chiusura è ancora un po’ tannica ma anche grintosa e promettente.  – 89

CHÂTEAU VILLEMAURINE– Saint-Emilion Grand Cru Classé
Sentori nitidi di lamponi e cassis al naso; il sapore è piacevole, diretto, forse un po’ semplice ma ben definito e scandito dalla presenza di una sottile acidità.  – 87

 

CHÂTEAU LE BON PASTEUR – Pomerol
Note di amarene e confetture di more in evidenza al naso; l’impatto sul palato è gradevole e rotondo ma la chiusura è decisamente tannica e boisé.  –84

CHÂTEAU LA CABANNE– Pomerol
Sentori vegetali e boisé in evidenza; in bocca manca di allungo finale ma si sviluppa con equilibrio mostrando un’apprezzabile consistenza.  – 85

CHÂTEAU CLINET– Pomerol
Appena un po’ verde nei profumi ma dotato di un passo sciolto, elegante, arioso, ben stilizzato e anche lungo nel finale.  – 91

CHÂTEAU LA CROIX DE GAY– Pomerol
Appesantito da rovere e alcol manca di slancio e dinamica anche se la struttura è robusta.  – 82

CHÂTEAU GAZIN– Pomerol
Vegetale e balsamico al primo approccio olfattivo, si diffonde con continuità e apprezzabile agilità sul palato; la chiusura non è particolarmente complessa e profonda ma è coerente e piacevole.  – 89

CHÂTEAU PETIT VILLAGE– Pomerol
Prevalentemente fruttato al naso, è intenso ma leggermente scomposto in bocca con un finale ancora un po’ rigido ma non privo di carattere. – 87

CHÂTEAU ROUGET– Pomerol
Concentrato, denso ma anche costruito con dosi non irrilevanti di rovere che limitano e comprimono lo sviluppo.  – 83

Bordeaux Primeurs 2017, Saint-Emilion, prima parte – Aprile 2018

 

Il resoconto dei vini della riva destra di Bordeaux è, purtroppo, limitato ai soli campioni presenti alle degustazioni organizzate dall’Union des Grands Crus. Sulla base di questa, pur assai parziale, rassegna si rafforza la convinzione che l’annata 2017 non sembra essere stata la più propizia per i vini a base prevalente di Merlot.

 

CHÂTEAU BALESTARD LA TONNELLE – Saint-Emilion Grand Cru Classé
Preciso e ben fatto, è avvolgente, di buona consistenza a centro bocca, fresco e sapido nel finale.  – 87

CHÂTEAU BERLIQUET – Saint-Emilion Grand Cru Classé
Profumi di cedro, spezie, fiori secchi; in bocca è magro, in debito di frutto a centro bocca e un po’ boisé nel finale.  – 83

CHÂTEAU CANON– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Speziato al naso, non manca di polpa ma è poco incisivo, con note di rovere prevalenti nel finale.  – 85

CHÂTEAU CANON-LA-GAFFELIÈRE– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Caratterizzato al naso da eleganti sentori di buccia di arancia, mandarino, spezie orientali; in bocca è vivo, intenso, dinamico, arioso e succoso, dalla chiusura lunga e piacevole.  – 92

CHÂTEAU CAP DE MOURLIN – Saint-Emilion Grand Cru Classé
Fresco ma non vegetale, è in debito di frutto ed è una carenza che lascia scoperti rovere, acidità e tannini. Mantiene comunque dignità e sufficiente gradevolezza.  – 84

CHÂTEAU LA COUSPAUDE– Saint-Emilion Grand Cru Classé
Piacevolmente indirizzato sulla fragranza del frutto, è semplice nella trama, rapido nello sviluppo, un po’ tannico in chiusura.  – 84

CHÂTEAU LA DOMINIQUE– Saint-Emilion Grand Cru Classé
Fresco ed equilibrato, possiede slancio e dinamica su una struttura di media consistenza ma dal profilo elegante.  – 89

CLOS FOURTET– Saint-Emilion Premier Grand Cru Classé
Profumi intensi di spezie, frutti neri, caffè; l’attacco sul palato è morbido, vellutato, succoso, con un’energia ben modulata e un rovere presente ma ben integrato.  – 91

CHÂTEAU FRANC MAYNE– Saint-Emilion Grand Cru Classé
Un po’ verde e immaturo, spigoloso nel finale con acidità in evidenza, è, tuttavia fresco e continuo, di apprezzabile rigorosità.  – 85

CHÂTEAU GRAND MAYNE– Saint-Emilion Grand Cru Classé
Ampio, rotondo, carnoso, manca di complessità e profondità ma è bilanciato e ben registrato sul piano tannico.  – 87

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