ANTEPRIME TOSCANE 2023, VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO RISERVA E ALTRO

Per chiudere la carrellata di assaggi delle Anteprime toscane mancano solo gli appunti sulla Vernaccia delle annate precedenti alla 2022, comprendenti quindi le Riserve, le Selezioni e qualche vino in uscita posticipata rispetto al resto della tipologia. L’assaggio è stato effettuato con la consueta collaborazione di Claudio Corrieri e ha, in buona sostanza, offerto indicazioni positive con la conferma qualitativa sia delle etichette affermate da tempo sia di quelle cosiddette emergenti, come gli abbonati potranno verificare qui.
Vedo che oggi un po’ tutti concordano nel riconoscere – meglio tardi che mai – la capacità della Vernaccia di San Gimignano di offrire il meglio di sé a distanza di tempo: un aspetto controverso da approfondire in quanto il vitigno, oltre a non avere in dote un’acidità spiccata, ha un’evidente predisposizione all’ossidazione. Come si conciliano quindi queste caratteristiche con il buon potenziale di longevità dei vini? Sulla base di osservazioni unicamente degustative posso affermare che la Vernaccia – e mi riferisco ovviamente alle selezioni più curate – arriva abbastanza rapidamente alla maturità, mostrando soprattutto aromaticamente la presenza di connotazioni ossidative, ma resta a lungo in questo stadio cedendo poi al passare del tempo con molta gradualità. Alla resa dei conti sono proprio gli aspetti ossidativi che, intrecciandosi con quelli più integri, vanno a comporre un quadro organolettico più articolato e complesso e assegnano alla Vernaccia una personalità originale, poco imitabile. Gli amanti dei paradossi arrivano a definire la Vernaccia come “un rosso travestito da bianco”. Il che, contrariamente alle apparenze, non è esattamente un complimento.
In realtà il problema non è tanto quello di esibire una longevità sorprendente che ha l’immediato effetto di stupire e conquistare il degustatore di turno, ma di comprendere quanto sia penalizzata la piacevolezza di beva dalla presenza di toni caldi, maturi e, talvolta, evoluti. Insomma, è più importante che un vino duri a lungo nel tempo o che duri poco a tavola, ovvero che una bottiglia finisca rapidamente? Ovviamente la risposta ideale comprenderebbe entrambe le opzioni e credo che riuscire ad aumentare il senso di freschezza e dinamismo senza disperdere l’identità e il carattere territoriale possa essere la prossima sfida da affrontare per il classico bianco sangimignanese.

Considerazioni sparse dopo le anteprime toscane

Per motivi personali e con rammarico, ho dovuto saltare gli assaggi di Chianti, Morellino e della cosiddetta “Altra Toscana”, concentrati nelle giornate di domenica e venerdì, e ho quindi ripensato, al di là della qualità dei vini, agli aspetti che mi sono rimasti impressi nelle altre giornate dell’appuntamento enologico più importante della regione.
Cerco di procedere con ordine ma non garantisco la sintesi.

Partecipazione.
Le aziende del territorio sono state presenti in massa, con ben poche defezioni e, almeno numericamente, anche il fronte degli ospiti, intesi come stampa e buyer, ha riempito di volta in volta i locali messi a disposizione. Ho avuto la sensazione, solo la sensazione, non ho nessun dato a sostegno e potrei essermi sbagliato, di notare una presenza meno diffusa e incisiva di professionisti stranieri. Certo, la settimana non si conclude come in passato con i vini di Montalcino che costituivano un indubbio motivo di attrazione supplementare, ma almeno la concomitanza con Vinexpo a Parigi non si poteva evitare?

Le temperature di servizio.
Il periodo scelto per la manifestazione favorisce naturalmente le temperature di servizio dei vini rossi e infatti non sono mai emersi problemi da questo punto di vista; per quanto riguarda i bianchi – leggi San Gimignano – dopo due o tre secoli finalmente i vini non sono stati presentati a temperature glaciali e infatti erano più facilmente interpretabili. Questo è un punto di incomprensione storico con i sommelier, non solo di San Gimignano ma dell’intero emisfero boreale, e lo scandisco in sillabe perché non passi inosservato: non siamo a tavola, dove con le ostriche si beve un Muscadet (lasciamo stare lo Champagne) non fresco ma freddo, ma siamo in de-gu-sta-zio-ne (con vini giovanissimi che più sono freddi e più sono incomprensibili) dove sarebbe opportuno che le temperature fossero prossime a quelle di servizio dei rossi, ne consegue che vanno più che bene i bianchi a 14-15 gradi. Va da sé che se in futuro a San Gimignano, in luogo di tanti bicchieri e crackers, apparecchiassero una vassoiata di ostriche credo che la maggioranza degli assaggiatori, con il consueto spirito di sacrificio che la contraddistingue, si adeguerebbe a degustare anche le Ice-Vernaccia.

Tempi di servizio.
Gestione sicuramente più complessa dato che dipende a) dalla quantità di “clienti” da servire, b) dalla quantità di vini in lista, c) dalla quantità di sommelier disponibili, d) dalle caratteristiche e dimensioni dell’ambiente, tenendo conto che non si tratta di assaggiare più vini possibile ma di poterlo fare con il giusto ritmo, senza lunghe pause e improvvise accelerate. Intendiamoci: il servizio offerto è comunque preziosissimo, ciò non toglie che si potrebbe fare di meglio.
Venendo al punto a) teoricamente il numero di giornalisti e media che assaggiano non dovrebbe variare più di tanto da luogo a luogo ma in realtà, anche per comodità di locazione, sono le grandi sale della Leopolda a ospitarne il numero largamente più elevato; inoltre, a prescindere dal punto a), conta il rapporto tra vini da servire e persone incaricate del servizio. A tal proposito, punto b), sciorino alcune cifre ricavate dai vari cataloghi: a Firenze (Leopolda) con il Chianti Classico erano presenti (su due giorni) 511 vini, a San Gimignano 95, a Montepulciano 63. Sul punto c) non ho dati per esprimermi ma “a occhio” il rapporto tra vini e sommelier permetteva un servizio efficiente e puntuale a Montepulciano, un po’ meno a San Gimignano e ancora meno a Firenze. Stop.

Non solo assaggi in anteprima.
Erano previste, in ogni luogo sopra citato, comunicazioni, piccoli eventi o degustazioni di corredo alle anteprime. Tutto bene debbo dire, le idee prendono corpo e offrono un’immagine dinamica del territorio nel suo complesso. Mettendomi nei panni di un collega di un altro paese che torna dopo un anno e verifica che, almeno nella forma e nelle proposte, il progetto UGA del Chianti Classico non è rimasto per aria ma continua a fare passi in avanti: il prezioso corredo dell’estratto di carte dei territori preparate da Alessandro Masnaghetti, fornito a ogni partecipante ne è una tangibile e apprezzata dimostrazione. In pari misura procede a Montepulciano il progetto Pievi e continuano a San Gimignano le presentazioni, mai ripetitive, di vecchie annate di Vernaccia nella scenografica Sala Dante.

Accoglienza.
Ho francamente poco da dire su questo piano, visto che ho alloggiato solo una notte a Chianciano Terme e che dal 1700 evito, quando possibile, di partecipare a cene di gala o di benvenuto. Certamente non nascondo che di Chianciano ricordavo in passato pernottamenti in Hotel stile “Shining”, comprendenti il timore di veder apparire improvvisamente bambini che pedalano nei corridoi; fortunatamente quest’anno la cornice era assai più confortevole e rilassante. Delle cene di benvenuto ho già accennato della mia scarsa attitudine alla frequentazione anche nella considerazione che l’elevato numero di commensali mal si concilia con l’alta qualità della cucina, però debbo dire che quest’anno a Montepulciano è stata una di quelle occasioni in cui pensi che è valsa la pena esserci. Un menu centratissimo, ben coordinato con i vini, con piatti gustosi, ricchi di personalità eppure discreti e misurati. Debbo fare quindi un plauso sincero allo chef Emiliano Lombardelli del ristorante Dama Dama di Porto Ercole e alla scelta effettuata dal Consorzio del Nobile. Bravi.

Dulcis in fundo.
Infine chiudo con un vino, bevuto alla fine della cena suddetta. Un Vin Santo di Montepulciano. Classico colore ambrato, profumi che svariano da tutte le gamme di frutta secca alla liquirizia, ai marron glacèes, al miele di castagno, alle spezie orientali, agli agrumi confit, all’essenze di rose e ancora, insomma profumatissimo e ovviamente dolce e ovviamente denso ma non quella dolcezza stucchevole dove lo zucchero si affianca all’alcol, poi alla glicerina, poi di nuovo lo zucchero con lo zucchero e resti senza saliva, senza fiato, senza denti, senza voglia di riprovare a berlo. In questo caso al contrario la dolcezza va a braccetto con un’acidità dritta e continua che non ti abbandona mai, ti rinfresca e ripulisce la bocca e ti invita a berlo di nuovo. Lunghissimo, coinvolgente, irresistibile. Non dimenticate, come stavo per fare io, il nome del produttore: Villa S. Anna, annata 2012. Il migliore.

ANTEPRIME TOSCANE 2023, VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO 2022

A costo di essere noioso e ripetitivo sottolineo – in grassetto – che se l’assaggio delle anteprime del Chianti Classico e del Nobile ha un valore indicativo, di prima impressione, quello della Vernaccia di San Gimignano possiede margini di approssimazione ancora più marcati, in quanto i vini assaggiati provengono dalla vendemmia più recente, quella avvenuta non più di sei mesi fa. Si tratta quindi di vini “bebè”, alcuni sono ancora in “vasca”, altri sono stati appena imbottigliati e ne deriva un insieme forzatamente disomogeneo con diversità anche vistose da azienda ad azienda.
Sulla base di osservazioni superficiali si poteva ipotizzare che l’annata 2022, calda e arida come poche altre, non possedesse caratteristiche congeniali per la riuscita dei vini bianchi ma il confronto con la 2021 non l’ha sicuramente vista perdente. Lo scorso anno infatti la degustazione proponeva vini ben fatti, di apprezzabile compattezza qualitativa con poche flessioni ma anche con pochi acuti; stavolta con la 2022 da un lato è aumentato decisamente il numero dei vini in ritardo nell’evoluzione e ancora alla ricerca dell’assetto definitivo, ma dall’altro anche quello dei vini già espressivi e in grado di esibire un equilibrio e un potenziale di tutto rispetto, raramente riscontrato nelle Vernaccia così giovani.
La degustazione è stata pertanto – ed è un rilievo del tutto egoistico – “divertente” perché non prevedibile e noiosa, capace anzi di suggerire una piacevole e sorprendente serie di liete novità che testimoniano la vitalità del territorio.
Qualche anticipazione? Non deludono, e quindi si confermano, le aziende storicamente più affermate del territorio e crescono quelle emergenti come Collina dei Venti con la Vernaccia Giadra, Fornacelle (forse il miglior assaggio), Podere Le Volute e Tollena con la Vernaccia Lunario.

Il resoconto completo dell’annata 2022 è comunque consultabile in zona abbonati

SELEZIONE 2022/23: VAGNONI

Azienda di lunga “militanza” nell’area della Vernaccia, Vagnoni ha accompagnato incisivamente la crescita qualitativa della denominazione. Emblematica è la parabola della Riserva I Mocali che nelle sue prime apparizioni risentiva fortemente della presenza invasiva del rovere. Le ultime versioni sono invece sempre più calibrate e la riuscita dell’annata 2018 va annoverata tra le più felici di sempre. Non meno confortanti sono poi le esibizioni della Vernaccia Fontabuccio e del nutrito reparto dei vini rossi, capeggiati in questa occasione dall’ottimo San Biagio.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

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