FEDERICO CURTAZ, il valore della finezza

Non scopro niente di nuovo a sottolineare il valore di Gamma e Kudos, i due bianchi etnei di Federico Curtaz che ho assaggiato nuovamente a distanza di un anno. Si tratta di due vini diversi, il Kudos presenta una veste più articolata e complessa dai richiami borgognoni ma il Gamma, espressione purissima del territorio etneo, non possiede minore attrazione, costituendo uno dei rari casi in cui il termine minerale è davvero appropriato. Associare, come in questi casi, l’istintiva facilità di beva a un potenziale di longevità difficilmente pronosticabile ma certamente notevole, è appannaggio di pochi bianchi italici. Potrei continuare a lodarli a lungo ma stavolta debbo far scendere dal palcoscenico i vini bianchi per far posto alla vera sorpresa di questo giro di assaggi, vale a dire l’Etna Rosso Il Purgatorio 2019. Un vino privo di qualsiasi intrusione di toni surmaturi o di ritorni boisé, come capita purtroppo di avvertire in alcune approssimative interpretazioni del Nerello Mascalese, che non spaccia una struttura evanescente per finezza (capita anche questo e non solo sull’Etna), ma fa affidamento su un’energia innata riuscendo a non farla essere banalmente appariscente.
Delicati e intensi al tempo stesso, sono vini, bianchi e rossi insieme, che affermano un carattere unico senza rinunciare all’equilibrio e all’eleganza delle forme.
Ed è questa la combinazione speciale che dà diritto alla definizione di finezza.

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ELENA FUCCI: chi ha Titolo e chi no

Ho assaggiato una serie di nuove etichette proposte da Elena Fucci spaziando tra bianchi, rosati e rossi. Si tratta di vini volutamente semplici e di primo approccio che completano evidentemente l’esigenza di amplificare la gamma aziendale per non restare vincolati al solito, inappuntabile “Grand Vin” costituito dal ben noto Aglianico del Vulture Titolo (quella nella foto è la retroetichetta). L’intento è certamente apprezzabile in quanto proporre vini di pronta, facile e, magari, gradevole beva è una direzione indispensabile da intraprendere per allargare il pubblico da avvicinare al vino; va da sé, inutile dirlo, che la personalità e l’energia del Titolo costituiscono – per la maggioranza dei vini in circolazione e non solo per i “base” aziendali – un termine di paragone troppo arduo da sostenere e anche l’annata 2021, provata nell’occasione, lo ribadisce senza mezze misure.

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GIARDINI RIPA DI VERSILIA

È passato qualche anno dall’ultimo assaggio dei vini dei Giardini RipadiVersilia e ho riscontrato un’apprezzabile maturazione sia nell’interpretazione che nell’esecuzione finale. Certamente niente da far saltare sulla sedia ma, ad esempio, il Vermentino Colli e Mare 2021 rivela un carattere originale, non accostabile alle versioni presenti nel resto della costa toscana, espresso attraverso una calibrata concessione a toni ossidativi che se da un lato limitano l’aromaticità varietale e il senso di fragranza, dall’altro enfatizzano il fondo sapido, per un palato piacevolmente contrastato e sorprendentemente tonico.

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PODERE ERICA

La possibilità di essere sorpresi dall’assaggio di vini non conosciuti, almeno personalmente, costituisce un aspetto ancora stimolante per un critico. È vero che i “deja vu” prevalgono largamente ma, ogni tanto, affiora qualcosa di nuovo come dimostrato dalla produzione del Podere Erica in quel di Olena, in pieno territorio del Chianti Classico. Le retroetichette che riportano, in ogni vino prodotto, la gestione biodinamica del vigneto, l’uso di lieviti indigeni e nessuna filtrazione finale, mettono subito in chiaro la filosofia “naturalista” (se così vogliamo definirla) del produttore. I riscontri ricevuti dalle varie etichette non sono, e probabilmente non vogliono neanche esserlo, del tutto omogenei, alcuni vini – il Trebbiano Le Rondini, tanto per non fare nomi – si spingono all’estremo, ma nell’insieme prevale la voglia di distinguersi senza smarrire il buon senso. I vini rossi sono tre, rigorosamente a base di vitigni autoctoni, per soddisfare evidentemente sia chi chiede una bevibilità semplice e golosa (vedi il piacevole The Raven, affinato in acciaio), sia chi ha esigenze di maggiore complessità e profondità, coperte egregiamente dall’ottimo Sangiovese Il Picchio (affinato in tonneaux), passando da una soluzione intermedia, rappresentata dall’interessante blend di Sangiovese e Canaiolo La Ghiandaia (affinato in cemento).
Un quadro complessivo non ancora luminoso ma certamente chiaro e definito, da lasciare intendere prospettive decisamente incoraggianti per il futuro.

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