Verticale del Riesling Kaiton di KUENHOF

Dopo aver introdotto con la verticale dell’Hérzu di Germano un piccolo spazio dedicato al Riesling, rincaro la dose aprendo il confronto immediato con un’ulteriore verticale dello stesso vitigno rappresentata da un altro grande classico, non locato in Alta Langa ma in Valle Isarco, come il Kaiton di Kuenhof.
Ho assaggiato, con la fondamentale collaborazione di Claudio Corrieri, cinque annate – 2014, 2016, 2017, 2018, 2019 – dalle caratteristiche ben diverse tra loro. Sottolineo subito che lo stacco tra le migliori e le peggiori (tutto è relativo) è stato piuttosto netto ma se tutte le annate fossero uguali sarebbe inutile provare a riassaggiarle; occorre invece sottolineare come le degustazioni verticali siano impietose ma sempre utili a comprendere meglio la natura di un vino.
Il Kaiton è generalmente chiuso e restìo a svelarsi nei primi mesi di bottiglia, tanto è vero che nei miei ricordi è un bianco che migliorava sistematicamente dopo un’adeguata ossigenazione. Con questa premessa era facile ipotizzare uno sviluppo in progressione nel corso del tempo ma la verticale effettuata ha però messo in evidenza alcuni aspetti che peraltro possono apparire come ovvi: nelle annate magre, carenti di frutto, l’acidità conserva soprattutto sé stessa, per cui i millesimi freschi ma deboli, dopo qualche anno sono tuttora tonici ma in debito di succosità e contrasto. In quelle eccessivamente calde e secche gli effetti non sono più rinfrancanti: il frutto evolve con rapidità e manca il consueto dinamismo che caratterizza i Riesling e segnatamente il Kaiton.
Sono le annate più equilibrate quindi, e non le più acide e tanto meno le più alcoliche, ad evolvere più felicemente nel tempo e se produrre un buon vino ogni anno, con ammirevole costanza, è un gran merito, la capacità di salire a toccare punte di eccellenza, anche occasionalmente come nel caso del Kaiton, è comunque appannaggio dei vini di rango.

VERTICALE DEL TERLANO SAUVIGNON QUARZ, CANTINA TERLANO

Il Terlano Sauvignon Quarz è una delle etichette più conosciute e pregiate della vasta produzione della Cantina Terlano. La degustazione verticale si è svolta, grazie alla cortese disponibilità del patron Alessandro Tonazzi, lo scorso 26 gennaio, presso i locali del Ristorante Novelli a Livorno, ed ha preso in esame nove annate, dal 2010 al 2018, gentilmente messe a disposizione da un amico ben conosciuto anche da chi si occupa di vino, ovvero Claudio Corrieri del Ristorante Lo Scoglietto di Rosignano Solvay, attivamente presente, insieme ad Alessandro, all’assaggio.
Non credo di dire niente di nuovo a dichiarare che il Quarz ha confermato il suo valore e la capacità di evolversi felicemente nel tempo. È probabilmente più interessante sottolineare gli aspetti più sorprendenti o, comunque, curiosi della degustazione. 
In primo luogo, come prevedibile, sono state le annate dotate di un naturale compendio di freschezza, unita alla ricchezza della struttura, a fornire i risultati più soddisfacenti e in questo senso – ecco la prima sorpresa – ha colpito assai positivamente l’eccellente performance della calda annata 2011, gestita con ammirevole capacità dallo staff della Terlan Kellerei.
In seconda battuta direi che il Quarz alla sua uscita sul mercato è sempre o, giusto per essere più cauto, quasi sempre molto convincente, probabilmente perché difficilmente subisce nel confronto con altri vini della stessa tipologia e annata. Nel contesto dell’assaggio verticale il divario tra le migliori vendemmie e le altre (comunque ottime) è invece risultato più netto del previsto, rendendo in fin dei conti più “umana” anche una “macchina da guerra” come il Quarz.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

Tre Anni Dopo: Riserva Vorberg – CANTINA TERLANO

 

Alto Adige Terlano Pinot Bianco DOC Riserva Vorberg CANTINA TERLANO

 

La rubrica dei Tre Anni Dopo è oggi riservata a un vitigno che, sebbene non sia proprio autoctono, ha raggiunto in Italia – in massima parte in Alto Adige, con l’aggiunta di buone testimonianze friulane – un successo crescente, pur riconoscendo che il riferimento più concreto e diffuso di questa varietà continui ad essere rappresentato dagli eccellenti Weissburgunder austriaci. 

Poco vistoso nei profumi, riservato nel carattere, ma dotato di una struttura sorprendentemente robusta e di slanci inattesi, è stato per lungo tempo considerato un vitigno di media personalità e longevità, una sorta di fratello minore dello chardonnay, pur esprimendo alle nostre latitudini, una complessità e una finezza di tratti decisamente superiori alla nobile uva borgognona. 

Una bella fetta del merito della valorizzazione del Pinot Bianco va riconosciuto alla Cantina Terlano e alla sua Riserva Vorberg, vino dalla straordinaria costanza qualitativa e stilistica, e qui mi fermo, evitando di definirlo etichetta di punta solo perché susciterei vibranti proteste da parte delle altre, numerose etichette di punta della stessa Cantina.

L’assaggio originario, avvenuto, come nei precedenti casi, nel 2017, ha esaminato le annate 2008, 2011 e 2014. In quell’occasione la strabiliante esibizione del Vorberg 2008 aveva fatto apparire solo come “normalmente” ottima l’annata 2011.

Nel corso del mese corrente ho invece sottoposto a un nuovo test l’annata 2014 che ha confermato l’eccellente impressione ricevuta tre anni prima, mostrando uno stato di forma semplicemente invidiabile.

Le note di assaggio sono consultabili, more solito, nello spazio riservato agli abbonati.

Assaggi Sparsi n. 3, vini rossi

 

ASSAGGI SPARSI N. 3, vini rossi

Potrà non piacere ma nessuno potrà dire che il titolo sia ingannevole, dato che più sparsi, anzi sparpagliati di così non potevo assemblarli.

Nel Report appena pubblicato ho infatti raccolto, proprio alla rinfusa, una serie di rossi dalle caratteristiche più disparate con l’obiettivo di non rimandarne la pubblicazione al momento in cui potevo creare un assortimento più omogeneo (per tipologia, vitigno, regione, prezzo etc..).

Troverete così i Rosso Piceno di Ampelio Bucci accanto ai Lago di Caldaro della Cantina Kaltern, al friulanissimo “Santuari” di Butussi o al Malanotte del Piave della Cantina Pizzolato. E non solo, dato che a queste etichette ci sono da aggiungere un paio di rossi laziali di Omina Romana, i Gutturnio di Marengoni, chiudendo con i nutriti gruppi rappresentati dai rossi sardi di Giovannella e Alberto Ragnedda (Capichera) contrapposti ai Perricone e ai Nero d’Avola della cantina Centopassi.

Una qualità non meno che buona è stato il principale motivo che ha occasionalmente accomunato i vini recensiti, ma per i più curiosi anticiperò che a capeggiare la graduatoria, per il punteggio ma anche per il prezzo più elevato, è stato l’opulento e setoso Albori di Làmpata, uno degli agguerriti rossi presentati da Capichera.

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