QUELLI CHE NON TRADISCONO MAI (I FEDELISSIMI): BUCCI E IL SUO VERDICCHIO

Un tempo, neanche lontano, sarebbe stato impensabile vedere salire alla ribalta internazionale un vino bianco italiano, ma è successo lo scorso anno con il Verdicchio dei Castelli di Jesi 2019 di Ampelio Bucci, consacrato come “WINE OF THE YEAR” dalla rivista Wine Enthusiast con la firma di Kerin O’Keefe (che sui vini italiani non è proprio l’ultima arrivata).

Wine of the year non significa, come alcuni penseranno, “miglior vino bianco del mondo”; è un riconoscimento che tiene conto di una serie di fattori – prezzo, diffusione, storia, rappresentatività e via dicendo – oltre, ovviamente, a valori qualitativi molto elevati. Anche se c’è una tendenza a snobbare premi e trofei, credo che in questo caso si possa affermare senza retorica che un po’ tutto il mondo del vino italiano (compreso chi scrive) dovrebbe essere fiero di questa alta considerazione.

Ma dopo avere assaggiato la nuova annata (2020) del Verdicchio di Bucci – straordinariamente buono – mi chiedo quale potrà essere la reazione della critica. Posso immaginare i seguenti comportamenti:

  1. D’accordo, è buonissimo – profumato, freschissimo, scattante, elegante, lungo sul palato – ma non possiamo portarlo in trionfo perché siamo già stati anticipati lo scorso anno.
  2. Lo portiamo in trionfo affermando che il 2020 è nettamente migliore e che sul 2019 avevano toppato.
  3. Facciamo finta di niente e portiamo in trionfo il Verdicchio Riserva.
  4. Facciamo finta di non conoscere Bucci.
  5. Conseguentemente al punto 4), smettiamo di fare i critici.

UN PECORINO ALLA ROVESCIA: ONIROCEP

Ci sono vini che sono saliti alla ribalta senza poter contare sul vantaggio indiretto di far parte di una zona o denominazione prestigiosa. L’Onirocep, Falerio Pecorino Doc, di Pantaleone è emblematico in tal senso ed è per me un piacere e insieme un sollievo poter constatare che, a distanza di anni dalle sue iniziali e felici apparizioni, ha mantenuto le promesse, rafforzato il carattere e reso ancor più espressiva e limpida la sua matrice aromatica, come testimonia l’eccellente annata 2019.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

CONTE LEOPARDI, ROSSO CONERO E NON SOLO

Una dozzina, o quasi, di vini recensiti sono più che sufficienti per farsi un’idea dello stile e della qualità complessiva di un produttore, in questo caso il Conte Leopardi Dittajuti. L’elevata quantità di recensioni segnala l’affidabilità complessiva della Cantina oltre una certa cura nell’esecuzione, ovvero precisione e correttezza tecnica, ma per alcune etichette gli apprezzamenti vanno al di sopra di queste considerazioni . E qui debbo dire che sono proporzionalmente più convincenti i riscontri ricevuti dai prodotti teoricamente più semplici come il Rosso Conero Fructus e il Bianco del Coppo (entrambi 2019), senza tralasciare certamente il sorprendente Rosso Conero Antichi Poderi del Conte 2018, rispetto all’ambizioso Conero Riserva Pigmento 2017, indubbiamente buono ma, probabilmente a causa delle diverse annate rappresentate, non in posizione dominante come ci si poteva attendere.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

Verdicchio dei Castelli di Jesi 2018 Bucci

Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore DOC 2018 BUCCI

D’accordo, datemi del banale e del ripetitivo, ditemi pure che qualche novità ogni tanto sarebbe gradita e invece continuo a insistere sul Verdicchio di Bucci, sul Sassicaia, su Il Poggio di Monsanto…

La risposta è troppo semplice e scontata: questi vini non mi deludono mai o, lasciando vivo il dubbio, quasi mai. Ed è il caso del Verdicchio 2018 di Ampelio Bucci. Un bianco splendido, dai delicati profumi di fiori e agrumi e dalla beva fuori controllo, grazie a un’armonia al limite della perfezione e a una freschezza che non ricorre a supplementi di acidità. Me lo bevo di gusto e il rammarico per non aver stappato un Borgogna svanisce immediatamente.

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