ASSAGGI SPARSI (MAREMMA) N. 22

La degustazione è un esercizio ripetitivo ma certamente non noioso e prevedibile. Anche in un lotto ristretto di campioni è possibile individuare motivi di interesse, curiosità e riflessione. Nel mettere insieme questo gruppo di assaggi, relativo a vini prodotti da aziende maremmane, è emersa con nettezza la eterogeneità delle proposte qualitative che, per quanto parziali e al di là della buona qualità espressa, trasmettono un forte senso di confusione stilistica e strategica. Il migliore assaggio dei vini della Morisfarms è risultato essere un sangiovese con piccole aggiunte di cabernet sauvignon, per l’azienda Mocali un ciliegiolo, per Pianirossi si è affermato invece un blend a base di petit verdot, cabernet sauvignon e montepulciano d’Abruzzo, e, ancora, tra i vini di Poggio Maestrino ha ben figurato un petit verdot in purezza. Chiudo, in bellezza, con Casavyc il cui vino più sorprendente (sorpresa nella sorpresa) ha finito con l’essere un ottimo, e ribadisco ottimo, Spumante Brut Rosé ricavato da pinot nero il cui nome – a riveder le stelle – dice tutto. O forse niente.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

I VINI DI NITTARDI

Il trascorrere del tempo fa solo bene ai vini di Nittardi e gli assaggi di vecchie annate me lo hanno confermato ripetutamente. Non è che in fase giovanile non siano già sufficientemente apprezzabili ma quella punta di rovere si avverte ancora e la ricchezza di frutto e colore apportata dalla piccola quota di merlot presente nella Riserva di Chianti Classico non è del tutto nascosta. Dopo qualche anno di bottiglia queste lievi dissonanze si integrano con il resto e il vino si esprime con maggiore compiutezza, sfoderando armonia e carattere.
In certi millesimi questi meccanismi evolutivi si risolvono sollecitamente ma non credo sia il caso della Riserva 2017 provata quest’anno che, proprio per le particolari caratteristiche dell’annata, sfugge a facili pronostici e non sembra disposta a rivelarsi in tempi rapidissimi.

Decisamente meno arduo sarà scommettere sulla piacevolezza e la fragranza, già garantite allo stato attuale, delle altre etichette di Chianti Classico (Belcanto e Vigna Doghessa), come sui vini provenienti dalla dependance maremmana, l’ottimo Nectar Dei e il sorprendente Vermentino Ben (riuscito).

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

Barbera d’Asti La Luna e i Falò 2017 – VITE COLTE

 

Barbera d’Asti Superiore DOCG La Luna e i Falò 2017 VITE COLTE

Dall’ultimo Report* pubblicato proprio oggi ho scelto il vino sopra indicato non solo per la rimarchevole qualità espressa con la non facile annata 2017 ma anche perché è l’unico non toscano del gruppo, il classico vaso di ferro in mezzo a quelli di coccio (ogni tanto è necessario rovesciare certi modi di dire). In effetti il percorso di crescita sviluppato negli anni da questa Barbera è stato progressivo e costante, soprattutto sul piano della ricerca di equilibrio, con un uso sempre più calibrato e consapevole dei legni di affinamento che oggi esaltano il frutto senza creare spiacevole effetti di compressione. Dal punto di vista stilistico probabilmente non può essere catalogato tra gli alfieri della tradizione, ma è certamente interprete di una modernità ragionata e consapevole che alla fin fine mette al centro dei propri obiettivi la piacevolezza di beva.

*Chi volesse approfondire consultando le relative note di assaggio può trovarle sul Report “Rossi doc e docg”, unitamente a quelle di altri 10 vini delle seguenti Cantine (e relative denominazioni):
Boscarelli (Rosso di Montepulciano), Casale Pozzuolo (Montecucco Sangiovese), Fanti (Sant’Antimo), La Fralluca (Suvereto Sangiovese), Mocali (Maremma Ciliegiolo), Podere Casanova (Rosso di Montepulciano), Fabrizio Pratesi (Barco Reale), Sassodisole (Orcia Sangiovese), Tenute Cantagallo e Farnete (Barco Reale).

Orbetello nel Bicchiere

 

Non sono solito fare il resoconto di fiere, festival, sagre ed eventi similari, ma c’è sempre un’eccezione e questi brevi appunti riguardano la mia partecipazione a un concorso enologico – “Orbetello nel Bicchiere” – che si svolge ogni anno e anche quest’anno quindi (dal 31 ottobre al 4 novembre), appunto a Orbetello nel corso della manifestazione enogastronomica Gustatus.

Non è la prima volta, intendiamoci, che presenzio a questo tipo di iniziative, ma negli anni ho sempre più diradato il mio intervento in quanto generalmente la struttura dei concorsi prevede una serie di formalità che li rendono poco incisivi e stimolanti, con risultati resi approssimativi anche per l’estrazione (e la professionalità) molto diversa di ogni giurato.

Emblematica, nonostante l’alto livello di competenza dei singoli attori, fu, a tal proposito, l’esperienza con una degustazione del Grand Jury Européen, del quale facevo parte un paio di secoli fa. In omaggio al paese ospitante – mi sembra di ricordare che per l’occasione eravamo a Villa d’Este – fu organizzata, tanto per non annoiarsi troppo ad assaggiare solo Grands Crus di Bordeaux e Borgogna, una degustazione di vini bianchi italiani. Il criterio di scelta fu basato, chissà perché, su basi geografiche: un vino per ogni regione! Sappiamo bene come certe regioni italiane siano ricchissime di proposte di vini bianchi e come certe altre (Basilicata, Molise..) siano un po’ più a corto. Ma un criterio doveva essere adottato e così fu. Degustazione rigorosamente alla cieca, come sempre al Grand Jury, una trentina gli assaggiatori di alta reputazione, il meglio della critica enoica continentale e non solo. Il problema era che il termine di riferimento non era costituito dai Riesling della Mosella o dai Mersault, ma da strani, particolari, insoliti (per quei palati) vini bianchi italici. Per farla breve, si piazzarono ai primi posti un Sauvignon altoatesino, uno Chardonnay siciliano e un Traminer trentino. Le varietà, evidentemente, più familiari e rassicuranti. Personalmente avevo indicato ai primi due posti (non ricordo l’ordine) i rappresentanti dell’Abruzzo e delle Marche: Trebbiano di Valentini e Verdicchio di Bucci. Entrambi, al conteggio finale, si collocarono a metà graduatoria. Dallo scrutinio emerse inoltre che nessuno aveva scelto uno dei tre vini in cima alla classifica come il suo preferito ma un po’ tutti li avevano piazzati in buona posizione e ciò era stato sufficiente a vederli finire in vetta.

Una degustazione che era servita a far uscire i migliori vini? No, direi proprio di no, ne sono pienamente convinto, ma spesso così sono i concorsi e le degustazioni di gruppo dove non emergono i vini ricchi di talento e carattere ma quelli che sono capiti da tutti e che non dispiacciono a nessuno. Il che è già, indubbiamente, un pregio ma è anche il trionfo del convenzionale e dell’anonimo. Anonimi i vini, anonimi i degustatori, convenzionale il contesto generale e inesistente qualsiasi forma di coinvolgimento.

Non è stato il caso di “Orbetello nel Bicchiere” dove di anonimo c’erano soltanto le etichette dei vini da assaggiare e giudicare. La formula è, come dire, un po’ “casereccia”, non certo ambiziosa e altamente professionale come le degustazioni del Grand Jury, (il paragone è oggettivamente improponibile, c’è solo qualche anno-luce di differenza) ma, a mio modo di vedere, efficace e funzionale allo scopo, previsto dall’iniziativa, di valorizzare i prodotti del territorio. Intanto, il solo fatto che la giuria non fosse composta da un numero elevato di membri ha permesso di favorire l’individuazione di un taglio critico delle scelte da effettuare. Il resto, a partire dall’affiatamento con i miei compagni di giuria, Fabio Pracchia e Franco Pallini, è stato improntato all’originalità e, perché no, anche al gusto della scoperta.

Le scelte finali sono pertanto derivate non solo dall’arido conteggio delle preferenze ma anche da un confronto dialettico tra i giurati, con l’idea condivisa di privilegiare, a parità di valori qualitativi, i vini portatori di un’identità territoriale più espressiva. Come credo che, alla resa dei conti, sia effettivamente successo.

Per la cronaca, l’assaggio, effettuato alla cieca, ha visto prevalere, nelle rispettive categorie il Maremma Vermentino DOC Plinio 2017 dell’azienda Bruni, il Toscana Bianco IGT Ansonica 2017 di Celestina Fè, il Morellino di Scansano DOCG Riserva Sicomoro 2015 dei Vignaioli del Morellino e il Maremma Ciliegiolo DOC Principio 2017 di Antonio Camillo. Si è aggiudicato, infine, il Premio Speciale, intitolato a Giovanni Prisco, la Fattoria Le Spighe di Giancarlo Francia con il suo Maremma Toscana Bianco DOC EraOra 2017.

Morellino di Scansano e Ciliegiolo di Maremma – Aprile 2018

 

Nel piccolo gruppo di vini maremmani selezionati da Claudio Corrieri, spiccano le prove del Morellino Riserva Calestaia di Roccapesta e del Ciliegiolo Vallerana Alta di Antonio Camillo. Due vini che confermano la loro qualità, anno dopo anno, con una costanza ammirevole.

 

MORELLINO DI SCANSANO DOCG 

CANTINA VIGNAIOLI di SCANSANO – Riserva Sicomoro 2013
Il frutto è in evidenza unitamente alle note di vaniglia del rovere; in bocca è cremoso, ben calibrato, leggermente boisé nel finale. – 85

FRESCOBALDI – Riserva Pietra Regia 2014
Profumi di stampo balsamico e boisé; sapore morbido, piacevole, di medio carattere. – 84

LOACKER/VALDIFALCO – Riserva Poggio Marcone 2013
Non nitidissimo nell’impatto aromatico, è tuttavia dotato di un sapore intenso, diretto sulla fragranza del frutto, con finale morbido e gustoso. – 86

MOTTA ALBERTO – Riserva Motta 2014
Profumi ben disposti, con sentori di more, ribes, spezie; il sapore, sostenuto dall’acidità, risulta fresco, reattivo, non banale ma un po’ verde nel finale. – 87

ROCCAPESTA – Riserva Calestaia 2013
Pulito nei profumi a prevalenza fruttata, è arioso, fresco, dinamico, continuo e lungo nel finale; i tannini sono setosi, ben integrati e il profilo stilistico è indirizzato decisamente sull’eleganza. – 91

TERENZI – Riserva Madrechiesa 2014
Tratti evoluti al naso con note di rabarbaro in rilievo; il sapore è di buona compostezza ed equilibrio, ben tratteggiato sul piano tannico, con finale piacevole e non privo di complessità. – 87

 

MAREMMA TOSCANA CILIEGIOLO DOC

ANTONIO CAMILLO – Maremma Toscana Ciliegiolo DOC Camillo 2016
I profumi si aprono su gradevoli note fruttate e floreali; in linea con la tipologia, è vino agile, tonico, senza pretese ma di buona beva. – 85

ANTONIO CAMILLO – Maremma Toscana Ciliegiolo DOC Vallerana Alta 2015
Intensi profumi di ciliegie, pepe, spezie miste; il sapore è articolato, carnoso, cremoso al tatto, lungo nel finale. Ben definito nel carattere, è, ormai da anni, uno dei punti di riferimento della tipologia. – 90

CANTINA DI PITIGLIANO – Maremma Toscana Ciliegiolo DOC Nel Tufo 2016
Fresco, fruttato, semplice e nervoso, di buona vitalità, è asprigno ma non sgradevole nel finale. – 82

CANTINA VIGNAIOLI di SCANSANO – Maremma Toscana Ciliegiolo DOC Capoccia 2016
Corretto, fruttato, leggero, scorrevole, molto semplice. – 81

MANTELLASSI – Maremma Toscana Ciliegiolo DOC Maestrale 2016
Profumi intensi dai toni fruttati e leggermente balsamici; in bocca è piacevole e ben disposto, di apprezzabile coerenza gusto-olfattiva. – 84

MOTTA ALBERTO – Maremma Toscana Ciliegiolo DOC Motta 2016
Fruttato nel carattere, ha una struttura di buona densità e un tatto morbido e piacevole. – 84

 

a cura di Claudio Corrieri

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