Non tutti gli assaggi che vorrei pubblicare si svolgono seguendo una sorta di protocollo “professionale”. Capita spesso di provare dei vini in occasioni informali, conviviali diciamo, e di riceverne comunque delle suggestioni positive o meno. È evidente tuttavia che in tali casi non ci siano le condizioni per stilare dei giudizi più precisi e ancor meno di affibbiare punteggi o stilare classifiche. Ma in fondo non è neanche giusto azzerare del tutto il ricordo di certi vini, se rimasto particolarmente impresso anche a distanza di qualche mese.
Per l’esordio di questa specie di rubrica ho scelto quindi due vini di Pio Cesare, azienda langarola di lunga fama e prestigio, assaggiati, anzi bevuti, qualche mese fa ovvero il Barolo Pio 2019 e il Blanc 2022, Langhe Sauvignon. Come accennato, l’intento non è di dare voti o preferenze, anche perché è piuttosto inconsueto e quasi disagevole confrontare un Barolo con un Sauvignon. Diciamo però che entrambi i vini comprendono buoni motivi per essere citati. Il vino bianco mi ha decisamente sorpreso per la personalità e la compiutezza che esprime, soprattutto pensando che di Sauvignon il mondo è pieno e i termini di paragone non mancano certamente; ma il Blanc di “Pio” di banale o déjà vu ha davvero poco, a partire dai profumi, solo velatamente varietali, per continuare con un sapore tutto in freschezza (ma non immaturità), tensione ed eleganza.
E il Barolo? Bene, non posso parlare di sorpresa in questo caso, non è proprio un esordio…È stata però una piacevole conferma delle convincenti impressioni ricevute un paio di anni fa (leggi qui), derivate dalla messa a punto dei sottili equilibri – tra calore e freschezza, tra alcol e tannini (vedi legno di affinamento) – che, se ben centrati, rendono un vino più espressivo e personale ma anche più bevibile e addirittura serbevole.
Come precisamente mi è apparso il Barolo Pio 2019.