Dicembre 2016 – Brunello di Montalcino – Il Marroneto: verticale completa

Emanuele Alessandro Gobbi ha partecipato alla verticale del Brunello di Montalcino Il Marroneto, svoltasi durante “Sangiovese Puro Sangue”, la pregevole manifestazione organizzata da Davide Bonucci dell’Enoclub di Siena. E ce la racconta nel dettaglio..

 

VERTICALE BRUNELLO DI MONTALCINO DOCG IL MARRONETO (1980-2012)

 

  • 1980: la prima “vera” annata dell’allora diciannovenne Alessandro Mori che, guarda caso, coincide con la prima annata della denominazione. Colore rubino sorprendentemente intenso, date le sue 36 primavere, al naso inizia con una lieve nota marsalata, per poi effondere tutto il suo splendore. Il fruttato e l’erbaceo giocano su ritmi molto elevati, l’acidità è protagonista e oltremodo ficcante, il tannino è misurato ma presente. Il finale, lungo, è di rilevante piacevolezza. 93
  • 1987: certo, sono trascorsi sette anni e l’annata non è neppure delle migliori, ma il marchio di fabbrica non viene smentito. Affascinante e austero, con cenni di silice, pietra focaia e con il frutto che non si nasconde per nulla. Una bocca saporita e gradevolmente acida lascia un soave ricordo. 91
  • 1989: un vino maestoso che agisce in perfetto equilibrio tra la sua componente fruttata e quella dei sentori terziari (caffè tostato, fumo di tabacco e cacao su tutti). Pazzesca freschezza e bevibilità. Tannino pesato e vellutato, per una chiusura lunghissima. 95
  • 1992: peculiare olfatto sulla scia del precedente, che ci rammenta sempre la vibrazione e l’intensità propria del Sangiovese, con note di selvatico, cuoio e pietra bruciata; il tutto affiancato da ricordi di frutta rossa. Il palato è disteso, ma il tannino è eccessivamente allappante. 85
  • 1994: sembra strano che un vino di ventidue anni possa conservare una definizione di frutto così vivace come questo Brunello. Aromi di prugna e susina assai netti. La bocca è gustosa e sapida. L’invecchiamento, stavolta, non pare strano, ma garantito. 91
  • 1995: un vino che parla perfettamente il linguaggio della sua origine, ossia il versante nord di Montalcino. Leggere sfumature terziarie di carne e cuoio si uniscono a una prorompente frutta fresca. La giovinezza del bicchiere è scandita da un’acidità intensa e da un finale maestoso. E’ l’annata del “NO alla barrique!” (di “Bartoliana” memoria), da parte Alessandro… 93
  • 1998: naso che sa di affumicato, seguito da nuance di fragola e mirtillo. La bocca è piena e succosa, a tratti pungente e quasi speziata. Vitalità e potenzialità di invecchiamento appaiono notevoli. 89
  • 1999: simile al suo diretto anteriore, con un approccio olfattivo in cui si ritrovano polvere e legno bruciato, ma forse lievemente più “oziato”. Una dolcezza di fondo lo armonizza e comunque lo impreziosisce. 88
  • 2000: un nettare che si presenta con una grande integrità di frutto nonostante gli “annetti” che si reca sulle spalle. La chiusura è godibile ma un’unica piccola perplessità: un tannino ancora marcato. 85
  • 2001: intriganti toni ematici, tipici, con corredo invitante di fiori d’acacia e finocchio selvatico. In bocca ha una vitalità superiore ai suoi fratelli di fine anni 90, danza e guizza sulla lingua in maniera magistrale. Finale fruttato e balsamico. 90
  • 2003: l’annata è quella che è… (Senza scadere nella banalità di giudizio). Nonostante questo, si presenta più distintivo che mai e comunque con un ottimo spessore, come sanno essere i Brunello settentrionali, le cui uve crescono non a caso in zone “tendenzialmente” fresche. 87
  • 2004: la platea non si esprime e lo stesso Alessandro rimane perplesso… Il naso non convince tanto, con rimandi eccessivi della serie empireumatica, così come il tannino amarognolo e duro che secca troppo in chiusura. 80
  • 2008: un brunello molto apprezzabile, elegante e aristocratico. Naso molto aperto con note di visciola e un ritorno in bocca a dir poco metallico. La salinità e la sapidità sono appaganti in un finale di pregevole lunghezza. 92
  • 2010: il cugino Madonna delle Grazie ha già avuto la sua consacrazione… Anche lui andrebbe messo da parte e rivalutato fra un po’ di anni, tuttavia mi dà quella sensazione di non possedere quella grinta necessaria di encomiabile prospettiva futura. 86
  • 2011: un vino promettente che fa ben pensare alla longevità e che esprime un’egregia personalità grazie a profumi di ribes, uva spina e a un’acidità sostenuta; un succo che riprende con autenticità la terra natìa e quindi il Sangiovese Grosso. 90
  • 2012: sì certo, la bottiglia più giovane che mostra ancora lampanti e naturali segni di vinosità. La profonda asprezza con un saldo allungo e una conclusione incisiva e nervosa (classica del vitigno di appartenenza), fa però soltanto sperare in positivo. 89

Emanuele A. Gobbi

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