Dieci e non zelo in condotta, ovvero ottime notizie da Bolgheri

Torno subitissimamente a ciò che ho scritto un paio di giorni fa, nell’articolo relativo all’organizzazione degli assaggi bolgheresi. Non ritratto niente, non è mia abitudine, anzi confermo tutto, ma mi corre l’obbligo di essere altrettanto puntuale nel sottolineare la risposta fulminea e oltremodo positiva ricevuta dai vertici dirigenziali del Consorzio di Tutela di Bolgheri e Bolgheri Sassicaia che palesemente non hanno alcuna responsabilità diretta nel disguido che mi è capitato e che colgo l’occasione per ringraziare per l’estrema sensibilità mostrata. Avrò disponibili a breve i campioni dei vini che volevo riprovare e il servizio sulle nuove uscite dei vini rossi del territorio potrà così essere completato.
E allora, si dirà, “scespirianamente”: molto rumore per nulla? No, per nulla proprio no, il fatto, o disguido che dir si voglia, è avvenuto ma non sicuramente per disposizioni del Consorzio ma, mi si dice, per un eccesso di zelo da parte dello staff dei sommeliers. Zelo, aggiungo io, da intendere in senso lato, molto lato, diciamo tre o quattro lati. Un quadrilatero di zelo.

Ma non tutto lo zelo vien per nuocere in quanto mi dà l’opportunità – volevo dire “il destro” ma si presta troppo a vari giochi di parole dei quali ho quasi superato il limite quotidiano – di focalizzare l’attenzione sull’eterna discussione tra chi è favorevole agli assaggi bendati (alla cieca) e chi li preferisce scoperti.
Dipende intanto dal contesto: in un concorso ufficiale i risultati dell’assaggio, una volta consegnati a chi di dovere, non sono modificabili; nelle degustazioni individuali – come quella di Bolgheri e di qualsiasi altro luogo – effettuate da critici, i risultati restano in possesso di chi li ha formulati e quindi, una volta scoperte le bottiglie, ognuno è libero di cambiarli a piacimento. A chi rende conto, se non a sé stesso? Ne consegue che chi è incaricato di fare il servizio, una volta che le bottiglie sono mascherate, non deve preoccuparsi del resto: la competizione tra un vino e l’altro non ha un carattere sportivo, non siamo alle olimpiadi. L’ipotetico garante dell’imparzialità di giudizio è il degustatore medesimo e non il fatto di servire bottiglie mascherate.

Personalmente preferisco da sempre assaggiare bottiglie coperte e non perché sia influenzabile dalle etichette (ormai..) ma per avere un riscontro tra un assaggio e l’altro che per me acquisisce più valore se effettuato in determinate condizioni. Esempio: lo scorso settembre i Bolgheri Superiore 2020 sono stati proposti, doverosamente bendati, in anteprima e in quell’occasione sono stato ben impressionato dal Guado de’Gemoli dell’azienda Chiappini; riprovato nei giorni scorsi, sempre “in cieca”, ho descritto il vino assai similmente e assegnato lo stesso punteggio. Non ho pertanto alcuna necessità di riprovarlo ancora e, nello stesso tempo, ho fatto una verifica sulla mia attendibilità, favorita nel caso dalle caratteristiche del vino. Lo stesso è successo con altri vini ma si tratta in sostanza di un tipo di controllo che serve esclusivamente a chi assaggia.

In conclusione, ritengo che in degustazioni del genere si dovrebbero sempre mascherare le bottiglie ma nello stesso tempo sarebbe opportuno consegnare ai degustatori una busta con un foglio che riporta l’ordine dei vini serviti. Chi vuole assaggiare scoperto l’apre subito e sa già in anticipo cosa va a provare, chi vuole invece procedere alla cieca fino in fondo aprirà la busta alla fine. Oppure ancora chi vuol degustare alla cieca ma sapere che vini ha nel bicchiere in modo da riprovarli subito e togliersi gli eventuali dubbi, la sbircerà di volta in volta.
E, forse, potranno anche diminuire le perdite di tempo, le richieste di riassaggio, la necessità di zelo e altri impicci organizzativi.

Commenta

© 2016 ErGentili - build proudly by Stuwebmakers and Wordpress
contact: info@ernestogentili.
Privacy Policy