Strane cose succedono a Bolgheri

Mercoledì 21 e giovedì 22 giugno ho effettuato presso i locali messi gentilmente a disposizione dal Consorzio di Tutela di Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, gli assaggi delle nuove uscite dei vini delle aziende consorziate o almeno di quelle che hanno ritenuto opportuno inviare le campionature.
La degustazione, che prevedeva quasi 200 vini da testare, è stata concentrata in due giorni per tutti quei giornalisti free lance o, comunque, appartenenti a testate editoriali non legate alle Guide cartacee. Due sale diversificate, con tavolino individuale a disposizione e servizio dei vini affidato ad un ormai collaudato team di sommeliers.
Temperature di servizio gestite con precisione e professionalità, nessun tempo vuoto di attesa, bottiglie “coperte”, suddivisione dei vini per tipologia e annata, tutto insomma è stato predisposto a dovere per permettere agli assaggiatori di svolgere il proprio lavoro in condizioni ideali.
Tutto questo però solo in teoria perché questi pur ammirevoli sforzi sono stati vanificati dalla scelta delirante di stabilire un protocollo rigido e assolutamente non modificabile che non prevedeva la possibilità di effettuare un secondo giro di assaggi, anche se limitato a un numero ridottissimo di vini, nel nome di non si sa bene quale principio o, forse, divinità, visto che riesce difficile trovare spiegazioni razionali al fatto. Debbo confessare che in tanti anni non mi era mai capitata una situazione del genere. Si dirà che c’è sempre una prima volta, ma insomma, andare a Bolgheri e assaggiare alla cieca vini importanti e costosi in un’annata come la 2020 dove acidità, tannini e passaggi in riduzione nascondono nell’immediato la vera essenza di un vino e vedersi negare la possibilità di una verifica supplementare da chi dovrebbe avere tutto l’interesse affinché niente sia lasciato al caso è una scelta talmente lunare da innescare qualsiasi ipotesi, dalle teorie complottiste (forse è colpa del Covid 19 o dei vaccini, chissà), oppure può aver inciso il cambio di governo (con la destra al potere tutti i protocolli diventano più rigidi) o il solito cambiamento climatico. Un vero mistero, ma niente è impossibile a Bolgheri di questi tempi.
D’altro canto, tornando alla concretezza, mi sembra talmente ovvio e legittimo il diritto da parte mia (e di chiunque) di voler decidere autonomamente il metodo di assaggio e il criterio per assegnare le valutazioni, da non dover indulgere in troppe spiegazioni.
Tengo tuttavia a ricordare che nella vecchia (e gloriosa) Guida Vini de L’Espresso di cui ero curatore insieme a Fabio Rizzari (ai tempi in cui le presentazioni avvenivano a ottobre, dopo aver assaggiato e riassaggiato tutti i vini recensiti e non prima) era presente già nell’edizione 2007 (scritta quindi nel 2006) un corposo paragrafo (vedi foto) relativo alle “Conseguenze critiche della tecnica del riassaggio” che non sto qui a riportare per non tediare eccessivamente il lettore.
È evidente che nessuno lo ha mai letto al Consorzio di Bolgheri.
In buona sostanza, il primo giorno di assaggi ho provato i Bolgheri Superiore e il Bolgheri Sassicaia 2020 (peraltro già recensito qui) oltre a una serie di ambiziosi rossi Igt ma credo proprio che mi limiterò, con molto rammarico e per evitare di penalizzare buona parte dei vini provati, a fornire un’impressione d’insieme dell’annata senza scendere nei dettagli di valutazione e descrizione di ogni vino come d’abitudine.
Posso infine concludere che, grazie al geniale protocollo, io ho sicuramente buttato via del tempo e i produttori, forse, un po’ di vino.
Succede di peggio..

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