BORDEAUX PRIMEURS 2022: Château Palmer

Pochi giorni dopo l’inizio della vendemmia, abbiamo assaggiato i primi tini di Merlot e ci siamo resi conto che i vini di questa annata sarebbero stati diversi da quelli che ci aspettavamo. Secondo la nostra esperienza, le estati secche e torride producono vini potenti, brillanti ed espressivi. E mentre Château Palmer e Alter Ego 2022 incarnano entrambi queste caratteristiche, essi hanno anche una particolare armonia, delicatezza e freschezza che continuano a sorprenderci quando li presentiamo ai nostri amici in tutto il mondo. Ma perché? La viticoltura è cambiata in modo significativo negli ultimi 15 anni. I terreni di Palmer sono vivi (la proprietà segue da anni ormai i dettami della biodinamica, N.d.R.), la materia organica è stabile e le radici sono profonde. Le nostre parcelle hanno un’età media di oltre 40 anni e non tagliamo più le cime delle viti. Le alte temperature di giugno hanno favorito la loro preparazione, mentre le piogge di inizio estate hanno quasi certamente fatto la differenza. Tutti questi fattori hanno giocato un ruolo importante, naturalmente. Il vigneto ha mantenuto un certo mistero che forse non riusciremo mai a spiegare del tutto. Il fattore X, forse?”.–Questa è la dichiarazione “ufficiale” di Thomas Duroux, CEO di Château Palmer, sulla vendemmia 2022. Ma, nello scambio di impressioni ricevute direttamente, ha aggiunto altri aspetti che possono aver recitato un ruolo complementare nella riuscita dell’annata; oltre all’età dei vigneti sopra citata ha individuato un punto a favore nelle basse rese produttive (poco più di 20 ettolitri per ettaro) che hanno permesso di raggiungere la maturazione ottimale senza dispersione di risorse e l’equazione “poca produzione = alta qualità” non è da dare per scontata visto che proprio in certe annate molto calde (ma precoci) è stata più incisiva e funzionale la scelta di essere alzare lievemente il carico produttivo per allungare i tempi di maturazione. Ma la vendemmia 2022 è stata calorosa ma non precoce e, sia nell’assaggio dell’Alter Ego – il second vin di Palmer – che, soprattutto, in quello del Grand Vin, Château Palmer appunto, la ricchezza di frutto è straordinaria e avvolge il resto della struttura in un morbido abbraccio, creando un effetto da perfect sphera. Debbo dire che poche altre volte sono rimasto così colpito da Palmer in occasione dei Primeurs; al punto di affermare che quest’annata merita di insediarsi con autorevolezza sul podio più alto della denominazione Margaux. Molti altri vini in quest’annata offrono questo senso di avvolgenza ma non sono altrettanto numerosi quelli che, come Ch. Palmer, lo associano a un dinamismo e a un ritmo sul palato che amplificano l’invito alla beva.
Indubbiamente l’annata ha messo ad una prova estrema la qualità del terroir e Palmer ha attinto dai suoi terreni quel compendio di freschezza che ha permesso il raggiungimento di un punto di armonia così preciso da essere inimmaginabile nel corso della passata stagione.
Aggiungo tuttavia che, nella misura nella quale le vigne si sono adattate all’andamento climatico, non di meno si è evoluto il percorso di elaborazione di chi il vino deve progettarlo e realizzarlo. Fino a non molti anni fa – e non mi riferisco a Palmer ma un po’ a tutto il mondo del vino – imperavano i protocolli operativi e in cantina, come in vigna, si applicavano ripetitivamente i soliti gesti e le solite azioni. Oggi tale modo di agire risulterebbe disastroso ed è necessario più che mai possedere una visione di prospettiva, sapere immaginare il vino che verrà e assecondare, con razionalità, le mosse della natura.
Come, credo, stia succedendo a Palmer.

Seguiranno, in zona abbonati, le recensioni specifiche.

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