ANTEPRIMA BOLGHERI SUPERIORE 2020

Le prime impressioni ricavate dall’assaggio dei Bolgheri Superiore 2020 non sono sintetizzabili in una definizione immediata ma credo che siano rari i millesimi che non si prestano a interpretazioni articolate. Si tratta di un’annata complessivamente inferiore alla precedente ma da non sottovalutare: più nevrotica che nervosa, se vogliamo proprio assegnarle una connotazione, ma in fondo, in una denominazione dai contorni spesso noiosamente convenzionali, un certo senso di “nevrosi” traducibile in imprevedibilità può apparire addirittura vitale e caratterizzante.

Resta il fatto che la 2020 sia meno semplice da descrivere rispetto alla precedente 2019 che presentava un’omogeneità superiore e diffusa, corrispondente alla più completa maturità delle uve. Nella 2020 non c’è la stessa sensazione, un buon numero di vini appare in una fase di assestamento, il rapporto tra frutto e tannini (rovere) deve trovare in molti casi il giusto equilibrio e non è detto che ci riesca, affiora l’idea di una maturità incompleta ma con gradi alcolici elevati,  insomma questa 2020 finisce con l’essere credibile come vera anteprima nel senso che la differenza con i vini fatti e compiuti (oltre che imbottigliati, visto che non tutti lo erano) che assaggeremo tra un anno o giù di lì potrebbe essere abbastanza marcata.
Ma sarà un divario che si risolverà nella maggioranza dei casi in positivo, ovvero buona parte dei vini è destinata a salire di quota.
Il motivo principale di questa visione ottimistica non è soltanto legato alla malevola considerazione che dalla media non eccelsa emersa dagli assaggi del 2 settembre si può solo migliorare, ma è da ricercare nella pregevole freschezza e integrità rilevate nel frutto, la cui minore ricchezza tuttavia – sempre rispetto alla 2019 – non fa prevedere una longevità infinita.
E se da un lato non va sottovalutata la buona risposta ricevuta dai vini delle aziende cosiddette di seconda fascia – tanto per ricordare che aumenta l’età dei vigneti e anche la conoscenza, intesa come sapere, dei produttori che riescono a mascherare, anche con una certa dose di “fantasia”, la diversa matrice pedologica che a Bolgheri non ha un peso irrisorio – dall’altro è opportuno sottolineare che sono proprio alcune delle aziende più affermate, adagiate stancamente su una architettura stilistica che inizia a mostrare qualche crepa (vedi eccessi di alcol, tannini, rovere..), a non rappresentare più il modello virtuoso che un tempo veniva seguito con cieca fiducia.
In conclusione a Bolgheri domina la certezza di un mercato sinora premiante ma, attenzione, non statico come in passato ed è proprio nelle fasi più felici che è necessario alzare il livello di autocritica e porsi qualche sano interrogativo su come affrontare il futuro.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

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