DERTHONA E IL TIMORASSO

Il comunicato del 4 aprile del Consorzio dei Colli Tortonesi riporta che “si è svolta nei giorni scorsi a Tortona la prima edizione integrale (ottimamente organizzata ndr) dell’evento dedicato al Derthona per celebrare il successo di un vino che in poco più di venti anni ha registrato significativi incrementi in termini di valori e volumi. Se nel 1987 gli ettari di Timorasso erano giunti quasi alla soglia dell’estinzione, con meno di un ettaro dedicato a questo vitigno a bacca bianca, e ancora nel 2000 se ne contavano meno di quattro, oggi hanno raggiunto quota 276”. Dopo altre utili informazioni, il comunicato conclude affermando che “si tratta insomma di una scommessa vinta, sulla quale inizialmente hanno puntato pochi illuminati pionieri del territorio e che oggi è portata avanti da oltre 50 produttori”.
Non serve aggiungere molto altro di fronte all’evidenza dei numeri sopra citati se non che, sempre restando sul piano numerico, è altrettanto palese che il milione di bottiglie prodotte, o potenzialmente producibili, e la stessa entità dei vigneti sono comunque solo un punto di partenza e non di arrivo per le giustificate ambizioni dei produttori tortonesi.

La degustazione di una trentina di Timorasso del 2020 ha confermato il valore di un vino/vitigno rimasto incredibilmente nell’ombra fino a pochi anni fa e che solo grazie alla tenacia di pochi temerari, trascinati dalla straordinaria energia e dalla ferrea convinzione di Walter Massa, è tornato a recitare un ruolo da protagonista.

Finalmente, quindi, si può parlare di una pagina positiva della storia dei nostri vini che però è solo alle prime righe e, dato che non sono troppo portato alle celebrazioni di rito, vengo subito al sodo ovvero a sottolineare che cosa, seppur da un’analisi sommaria, mi ha convinto del Timorasso e cosa mi ha lasciato invece meno entusiasta.

Prevalgono largamente gli aspetti positivi: con il Timorasso si possono realizzare vini ben strutturati, sapidi, dotati di una sorprendente tenuta dell’acidità, ben caratterizzati sul piano aromatico che nei vini giovani mostra note prevalenti di carattere floreale e agrumato e nei vini maturi – la longevità è un altro punto di forza – tende, un po’ come nei Riesling, ad assumere toni minerali (idrocarburi). In sintesi, il Timorasso esprime una sua ben precisa e inconfondibile personalità “al naturale” perché, nella sostanza, non ha magagne da dover mascherare.
E i punti deboli? Ci sono, ma non sono tanto presenti e intrinsechi nel vitigno quanto nell’interpretazione stilistica di ogni singolo vinificatore, anche se debbo sottolineare la buona intuizione di evitare – nella stragrande maggioranza dei casi – il ricorso agli affinamenti in rovere, poco consigliabili per un vino già così naturalmente ricco. Risalta soprattutto il rilevante grado alcolico (15 gradi e anche oltre) di molti vini (fortunatamente non di tutti) ed è un aspetto che, da qualsiasi fronte si voglia osservare, suscita inevitabilmente più di una perplessità. Si potrà dire che la robustezza, la spina acida e la compattezza della struttura fanno si che i 15 gradi (o i 14,5 poco cambia) non siano poi così avvertibili…Però ci sono e a tavola, prima o poi, si sentono e appesantiscono la beva. E pure il bevitore.

Il Timorasso che beviamo oggi è tuttavia figlio di un’esperienza così recente che credo sia stato difficile resistere – anche perché è un vitigno che ha il pregio ulteriore di non temere qualsiasi forzatura – alla tentazione di verificarne i limiti spingendoli all’estremo, creando un modello stilistico che ha avuto il merito di attirare l’attenzione su un vino che altrimenti sarebbe stato confinato nell’anonimato, vista anche la irrilevante quantità prodotta. Un modello che, in quanto tale, è stato seguito ed emulato, magari anche corrotto da eccessi di maturazione e da pratiche di macerazione accentuate, proprio in una fase dove le variazioni climatiche hanno suggerito a gran parte dei vignaioli del nostro emisfero di usare cautela e “alzare il piede dall’acceleratore”, al fine di indirizzarsi verso la ricerca di freschezza e non di ulteriore calore.
Non si tratta quindi di ripudiare uno stile, che trova i suoi estimatori e anche le sue ragioni di essere, ma solo di gestirlo con buon senso, altrimenti una parte dei consumatori tenderà – certo superficialmente e pregiudizialmente – a identificare il Derthona Timorasso con le versioni più pittoresche e non con le più nobili.

Seguono, per gli abbonati, le note di degustazione.

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