La degustazione dedicata in gran parte al Brunello di Montalcino 2017, testato in anteprima nel corso di Benvenuto Brunello, non ha riservato sorprese e se è vero che scarsa, per non dire nulla, è stata la presenza di vini davvero emozionanti, al tempo stesso si è confermata una certa predisposizione del territorio a reagire positivamente agli andamenti stagionali particolarmente secchi: le dolci pendenze e la presenza diffusa di argilla consentono evidentemente di mantenere in molti casi un minimo di freschezza nei terreni rispetto alle zone dove le pendenze eccessive o i terreni dal fondo sabbioso non permettono di trattenere una riserva idrica adeguata. Un parallelo interessante può essere individuato con la calda e arida annata 2012 che a Montalcino ha offerto riscontri decisamente più positivi che in altre aree della regione, come Bolgheri e Chianti Classico, mentre, coerentemente, i valori si sono invertiti con la più fresca annata 2013.
In effetti, al di là del sistema di classificazione in stelle adottato dal Consorzio, si assiste da qualche anno a Montalcino a una sorta di compressione di valori tra un’annata e l’altra: quelle ritenute deboli lo sono meno del previsto, quelle considerate grandi non sono poi così entusiasmanti.
Nel primo caso i motivi sono legati in massima parte alla crescita in chiave interpretativa da parte dei produttori – o della parte migliore di essi – e non solo alle peculiarità del territorio o alle pratiche di ringiovanimento dei vini, utilizzate frequentemente anche con il 2017. La maggioranza dei Brunello che ho recensito – poco meno di 60 su 80 provati, un numero non eccessivo ma tuttavia sufficiente per ricavare un’impressione d’insieme sull’annata – rivelano infatti un’accertata capacità nell’uso e nella scelta dei legni che si sono mostrati decisamente poco invasivi, oltre a una gestione calibrata sia del peso alcolico che, e soprattutto, dell’estrazione tannica. I migliori 2017 sono vini sorprendentemente bilanciati pur se difettano di profondità e, parzialmente, anche di complessità.
È mancata purtroppo all’appello una quantità non irrilevante di aziende, tra le quali una parte continua a snobbare la manifestazione messa in piedi dal Consorzio senza tuttavia disdegnare di accogliere nell’occasione buyers e rappresentanti dei media nella propria cantina. Un atteggiamento che già in passato ho avuto modo di mettere all’indice e personalmente cerco di non alimentare evitando di visitare certe, pur eccellenti, cantine durante l’evento.
A queste assenze ormai croniche si è poi aggiunto un ulteriore gruppo di aziende ancora affezionato alla tradizionale struttura organizzativa “fieristica” con banco d’assaggio e rapporto diretto tra produttore e “cliente”.
A margine dell’aspetto degustativo segnalo inoltre, ma non commento, che tra il Consorzio di Montalcino e gli altri Consorzi toscani è ormai stato scavato un solco di distacco visto che il resto delle Anteprime si svolgeranno dal 12 al 18 febbraio 2022 senza, ovviamente, la presenza di Montalcino.
In conclusione, l’organizzazione degli assaggi è stata quanto mai efficace e funzionale e il servizio dei sommelier dell’Ais inappuntabile; approssimativa e dilettantistica si è invece rivelata la gestione degli inviti alla manifestazione e la suddivisione non proprio rigorosa e chiara tra il giornalista (o presunto tale), il blogger e l’influencer.
Si può fare di meglio, ma le occasioni per dimostrarlo fortunatamente non mancheranno.