I valori qualitativi dei vini presenti in questa lista – consultabili, come sempre, in zona abbonati – sono molto simili tra loro. Le differenze sono prevalentemente stilistiche: più inclini a mostrare colori carichi, sostenuti da profumi di frutti neri e note boisé i vini di San Fabiano Calcinaia e Vignole, di tendenza più classica e tradizionale è invece il repertorio di Quercia al Poggio. Meno definiti e definitivi, a metà strada tra i due versanti, sono i Chianti Classico de Il Molino di Grace e della Fattoria dell’Aiola.
Lo stile dei vini è uno degli aspetti che stabilisce in modo radicale le diversità di giudizio tra un critico e l’altro. Non è misurabile – come la complessità (vedi qui) – e risente del bagaglio culturale di ognuno oltre che dei singoli livelli di conoscenza di vitigni, territori, tipologie. Alle estremità troviamo da un lato l’assaggiatore internazionale che magari sa di vino ma, nel caso specifico, poco di sangiovese e di Chianti Classico e giudica pertanto in base a parametri organolettici “universali”, dall’altro c’è l’assaggiatore territoriale che conosce benissimo una determinata zona (e poco al di fuori di quella) e assegna un valore sproporzionato all’aderenza a una tipologia. Esemplificando, il primo soggetto valuta i vini in base alla ricchezza, la concentrazione e la profondità, senza crearsi il minimo dubbio se quel sangiovese che sta assaggiando è indistinguibile da un merlot; il secondo minimizza caratteristiche riferite alla consistenza, all’equilibrio e al finale, rispetto alla tipicità di un vino.
Tra questi due estremi esistono potenzialmente una miriade di opzioni, attivabili da ogni vinificatore, che rendono ricco e stuzzicante l’approccio di chi assaggia o vorrebbe semplicemente saperne di più. In teoria ogni azienda e addirittura ogni vigneto potrebbero essere suggeritori di, seppur minime, varianti stilistiche. Nella realtà molti produttori, molti winemakers e anche molti winecritics (usare termini inglesi è più “ganzo”) preferiscono tristemente adeguarsi a ciò che propongono le tendenze di mercato, secondo non si sa bene quali analisi di settore.
È il marketing– oggi mi adeguo alle tendenze e quindi sono anglofono – quindi a decidere lo stile dei vini e non la vigna, il territorio e la sensibilità umana?
Può essere, anzi è più che probabile, ma – porca miseria – non diamoci per vinti.