LE VERTICALI: CHIANTI CLASSICO RISERVA CAPARSINO e DOCCIO A MATTEO

A Radda in Chianti hanno costituito da tempo un’associazione tra produttori del territorio dal nome emblematico: “Vignaioli di Radda”. E in effetti la concentrazione di veri vignaioli e la loro proporzione rispetto alla somma complessiva delle cantine operanti in quel territorio, credo abbia pochi eguali nell’area del Chianti Classico.
Intendiamoci, oggi il termine vignaiolo e addirittura contadino ha assunto connotazioni talmente positive che molti titolari di aziende vinicole, di quelli che non hanno mai preso un attrezzo agricolo in mano o travasato neanche una damigiana, amano definirsi tali ma, come sappiamo bene, le vie del marketing sono infinite.

Non è certamente il caso di Paolo Cianferoni del Podere Caparsa che vignaiolo è nato e vignaiolo è, senza nessun equivoco. E lo è stato anche nei tempi meno felici di adesso, quando coltivare una vigna e fare vino a Radda, e a Caparsa in particolare, appariva come uno sforzo improbo e scoraggiante.
Oggi la situazione è fortunatamente cambiata, anche grazie alla perseveranza di quei vignaioli che non hanno mollato, e ovviamente grazie all’innegabile cambiamento climatico ma non solo: i nuovi impianti di vigneto, la loro gestione, la visione complessiva e le prospettive concrete che il territorio del Chianti Classico nel suo insieme è riuscito a creare, hanno permesso una rinascita dell’intera area.
La duplice degustazione verticale ha preso in esame tre annate recenti della Riserva Doccio a Matteo e quattro della Riserva Caparsino. Personalmente ho sempre preferito lo stile sobrio e rigoroso del Caparsino rispetto al Doccio a Matteo, indirizzato nelle sue prime uscite su un profilo meno tradizionale, con toni boisé in chiara evidenza. Gli assaggi di questa occasione, riferiti, come accennato, alle ultime annate uscite, hanno invece sancito il passaggio verso uno stile più maturo e consapevole da parte della Riserva Doccio a Matteo che ha abbandonato le incertezze e gli ammiccamenti della sua fase giovanile. Nel complesso si tratta di due vini che, nonostante nel tempo siano passati dalla originaria impronta scorbutica a forme via via più “civilizzate”, continuano a esprimere con forza e senza mezze misure il carattere poco docile ma certamente autentico del territorio di origine e, con buone probabilità, anche del loro autore.

Le note di degustazione sono consultabili qui, in area abbonati.

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